Il 16 luglio 2025, la Sezione Regionale del Piemonte della Corte dei Conti ha promosso il Bilancio della Regione Piemonte del 2024. Ha dunque dato un giudizio complessivamente positivo sulla gestione della Regione. Il Governo regionale ha salutato il giudizio con grande orgoglio “politico”.
Tuttavia la Corte non ha mancato di segnalare pesanti ombre che permangono nella finanza regionale. Di queste, si preferisce non dare informazioni. Ma i cittadini ― in base a semplici, ma molti, indizi (mancano i fondi per questo; non ci sono risorse per quell’altro, ecc.) ― le sospettano e le temono. Traducendosi, per lo più, in “buchi di bilancio”, fanno immediatamente pensare ad aumenti di tasse e balzelli vari. Una breve rassegna di queste ombre.
Disavanzo di amministrazione
Il disavanzo di amministrazione del 2024 ― cioè la differenza tra tutte le entrate e tutte le spese dell’anno ― ammonta a 1,1 miliardi di euro. Aggiungendo a questo importo quelli per accantonamenti vari e vincoli di legge, il disavanzo di amministrazione complessivo ― che comprende anche quello degli anni precedenti ― sale, al 31.12. 2024, a circa 4,9 miliardi di euro.
E’ vero che, sul punto, la Corte osserva che la Regione ha ridotto il maggiore disavanzo di 5,1 miliardi del 2023. Ma la riduzione è stata inferiore a quella che avrebbe dovuto fare. Annota inoltre che permane una sottostima del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (FCCE) “stante che si perviene alla sua determinazione sulla base di margini di approssimazione non propriamente rinvenibili nei principi contabili”.
Indebitamento
La Corte rileva che l’indebitamento della Regione per mutui, obbligazioni emesse dalla Regione e altri debiti (debito effettivo), ammonta complessivamente, a fine 2024, a 5,0 miliardi di euro, che salgono a 5,2 miliardi considerando le Garanzie date dalla Regione (debito potenziale). Debiti e mutui vanno pagati alle scadenze.
Crediti da incassare e pagamenti da effettuare
La Corte dedica ampie analisi alla questione dei crediti da incassare (residui attivi) e ai pagamenti da effettuare (residui passivi) presenti nel Bilancio della Regione al termine del 2024. E sottolinea in più occasioni ― come si dirà anche dopo ― che, se manca la certezza di questi importi, il bilancio perde la precisione che dovrebbe sempre avere.
Rileva che i residui attivi ammontano a circa 5,6 miliardi di euro e i residui passivi a circa 6,1 miliardi. C’è dunque una differenza passiva di 500 milioni di euro, che andrà coperta. Potrebbero esserci anche difficoltà di incassare tutti i crediti, poiché alcuni risalgono a periodi anteriori al 2019. La Corte ricorda che fatti di questa natura sono fonte di danno per l’amministrazione.
Per evitare incertezze sui rapporti di credito e di debito, suggerisce di effettuare verifiche “al fine di poter disporre di dati certi sulla reale consistenza dei residui che costituiscono una parte determinante del risultato di amministrazione e la cui corretta quantificazione condiziona la parificazione (il giudizio) del bilancio”.
Spesa sanitaria
La spesa sanitaria è stata, nel 2024, di 10,59 miliardi di euro, pari al 71% dell’intera spesa regionale (14,9 miliardi di euro). La Corte non manca di sottolineare lo stato confusionale esistente nella spesa sanitaria a partire dallo Stato. Osserva che “l’assegnazione parziale delle risorse - che coincide con quelle del FSR (Fondo Sanitario Regionale) dell’anno precedente, ripartite dalla Regione il 20 giugno 2023 - non ha permesso alle Aziende di predisporre i propri bilanci di previsione in pareggio, così come prescritto dal principio contabile generale n. 15 (“Principio dell’equilibrio di bilancio”)”. In ogni caso conclude che la perdita finale per il 2024 è di 129 milioni, inferiore alla perdita prevista di 515 milioni.
Società partecipate
Scrive la Corte che, anche per l’esercizio 2024, sono state riscontrate significative criticità nell’attività di “verifica crediti/debiti tra la Regione e i propri enti strumentali e le società partecipate”. Per alcune società, gli importi di debito/credito con la Regione sono rilevanti (es. Finpiemonte, Agenzie Territoriali per la Casa). Ha rimarcato l’importanza di definire queste partite “atteso che disallineamenti nei rapporti di debito/credito possono incidere sull’attendibilità dei residui/attivi della Regione”.
Qualche considerazione conclusiva
Se la valutazione riguardasse il bilancio di un’azienda privata, le ombre segnalate dalla Corte dei Conti per il bilancio 2024 della Regione Piemonte sarebbero abbondantemente sufficienti per dichiarare il fallimento dell’azienda.
Ma la Regione (così lo Stato, il Comune, la Provincia, ecc.) è un’azienda pubblica che svolge funzioni d’interesse dei cittadini. Quindi, non può essere dichiarata fallita.
Il legislatore ― consapevole del permanente stato precario della finanza pubblica ― ha previsto, per le aziende pubbliche, un sistema che comunque, nonostante bilanci zoppicanti, ne impedisca il fallimento da ogni punto di vista. Così Il “Piano degli indicatori di bilancio” che, riferendosi soltanto ad alcuni dati aziendali, consente di giudicare l’intero bilancio. Se gli “indicatori" sono positivi ― come nel caso del bilancio 2024 della Regione Piemonte ―, il bilancio è promosso. Ma è una promozione virtuale “sulla carta”, poiché i nodi della gestione, compresi i “buchi di bilancio”, restano tutti da risolvere.
Come s’è detto prima, i cittadini temono queste situazioni. Pensano che, per tappare i “buchi” dei bilanci degli enti pubblici, sono loro a dover mettere mano al portafoglio. Infatti, i bilanci non li sanano né i “Piani degli indicatori”, né le dichiarazioni ottimistiche di chi governa. Neppure serve addossare le colpe dei “buchi” ai governi precedenti, benché sicuramente responsabili di essi quantomeno in parte. E’ la catena dei disastri della finanza pubblica che viene scaricata dallo Stato su quella degli enti periferici.
In questi giorni, la Regione Piemonte sta discutendo l’aumento dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF). Si dice che l’aumento avviene per altre cause, non legate agli attuali “buchi di bilancio”. Ed è vero. Si aumenta l’IRPEF per evitare futuri “buchi”. E non si esplorano nemmeno altre modalità (ad esempio, minori sprechi), che eviterebbero l’aumento dell’IRPEF. Quanto alle sbandierate diminuzioni future delle tasse, ormai pochi ci credono.