Il 14 settembre 2025, Matteo Salvini ― Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ―, intervenendo alla festa nazionale dell’Unione Di Centro (UDC), ha affermato che “è giusto rivedere le regole dell’ISEE perché tutti i bonus vanno troppo spesso agli stessi”. Sembra dunque che il Ministro ritenga che, in materia di bonus governativi, qualcosa non funzioni.
Le perplessità del Ministro sulle regole dell’ISEE sono fondate. Cerchiamo di interpretare queste perplessità tenendo presente: quali e quanti sono i bonus governativi; qual è il loro costo per le casse dello Stato; che finalità hanno, e quali sono le regole da rivedere per la loro assegnazione. Parlando di bonus governativi, si è tuttavia indotti a valutarne anche l’efficacia. Infatti, talora consistono più in elemosine che in aiuti finanziari.
Bonus, cos’è
Da un punto di vista economico, bonus significa, in generale, tutto ciò che avvantaggia qualcuno. Se i vantaggi sono concessi dal Governo, il bonus ha/dovrebbe avere, al tempo stesso, un duplice scopo: stimolare l’economia, aiutando settori operativi, anche mediante un sostegno finanziario dato a categorie di persone in condizioni di precarietà. In buona sostanza, dare quattrini o concedere agevolazioni a qualcuno per aumentare la domanda di beni verso chi li produce, che quindi produrrà di più e contribuirà alla crescita economica.
Bonus governativi “storici”
Alcuni bonus governativi sono entrati nella storia del Paese. Si pensi alle cosiddette “pensioni baby” riconosciute, nel 1973, ai dipendenti pubblici dopo 14 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi se donne sposate con figli; 20 anni se uomini; 25 anni se dipendenti di Comuni e Province (costano ancora oggi), ovvero ai benefici concessi, dalla legge 336 del 1970, agli ex combattenti e assimilati (avanzamenti in carriera e aumenti di retribuzione ai fini del trattamento di fine rapporto e della pensione).
Bonus governativi attuali
Anche i Governi recenti non hanno resistito alla tentazione di concedere bonus. Tra gli ultimi, ricordiamo il “superbonus” 110% per ristrutturazioni edilizie, il reddito di cittadinanza, i bonus per l’acquisto di biciclette e monopattini, per le vacanze, per le babysitter, ecc. del Governo Conte, e i bonus carburante, luce e gas del Governo Draghi.
Si stima che il Governo attuale ― presieduto da Giorgia Meloni ― gestisca una quarantina di bonus governativi. Ci sono quelli volti a dare un sostegno alle famiglie (assegno di inclusione per spese di affitto e mutuo; supporto per la formazione; assegno per figli a carico; “bonus bebè”). Alcuni si traducono in benefici in busta paga (taglio del cuneo fiscale; aumenti retributivi; mamme lavoratrici con figli, per sgravi contributivi). Poi ci sono carte di credito varie, bonus edilizi e correlati (ristrutturazioni, ecobonus, sismabonus, bonus mobili ed elettrodomestici e per l’abbattimento di barriere architettoniche). Si aggiungono le detrazioni per spese mediche, attività sportive, gite scolastiche, spese funebri e spese veterinarie. Ciascuno di questi bonus ha regole molto complesse per ottenerlo.
Costo
Assolutamente impossibile valutare il costo dei bonus per le casse dello Stato (che contengono soldi dei cittadini, in definitiva i veri pagatori dei bonus). Il Ministero dell’Economia e delle Finanze stima in 82 miliardi di euro l’onere per i 626 sconti fiscali. L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre (Associazione Artigiani e Piccole Imprese), ha valutato una spesa per lo Stato dei bonus per il triennio 2020/2022, di circa 113 miliardi.
Concessione e assegnazione dei “bonus”, le regole ISEE
I bonus governativi sono per lo più concessi per finalità sociali (pensando che possano tradursi in voti elettorali). Come detto, non essendo spese d’investimento, solo indirettamente possono stimolare la crescita economica, con ricadute sul sistema produttivo.
Buona parte dei bonus governativi sono assegnati in base alle regole ISEE, che fissano il tetto del reddito entro il quale di può ottenere il bonus. Le regole ISEE prevedono la costruzione di uno strumento di misura: l’“Indicatore ISEE” (Indicatore di Situazione Economica Equivalente). Istituito nel 1998, è utilizzato per valutare la situazione economica del nucleo familiare. L’indicatore tiene conto dei redditi da lavoro o da pensione, dei beni immobili posseduti (case, terreni, ecc.), del denaro, delle azioni e dei titoli del debito pubblico posseduti escludendo per questi ultimi, dal 2025, l’importo massimo di 50 mila euro, esclusione introdotta dal Governo per invogliare anche risparmiatori minimi ad acquistare titoli di Stato e buoni fruttiferi postali, acquisti che comunque portano quattrini nelle casse statali.
Per poter accedere ai vari bonus, nel 2025 sono previste 10 fasce di reddito annuo che vanno da 6.000 a 40/50 mila euro. Ogni fascia si riferisce a uno (ma anche a più) bonus.
Cercando di interpretare le parole di Salvini, essendo unico il misuratore (Indicatore ISEE) e, in generale, non essendo ipotizzabile che un appartenente ad una determinata fascia di reddito non vi appartenga più in anni successivi, possono essere sempre gli stessi appartenenti alle varie fasce che concorrono ogni anno per l’assegnazione dei bonus.
I bonus consentono il raggiungimento degli scopi istitutivi?
La narrazione governativa, anche richiamando i bonus concessi o che pensa di concedere, descrive l’Italia di oggi come un Paese in cui regna un diffuso benessere economico. I dati statistici non sembrano presentare un quadro così roseo.
Il “Rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) 2025 su famiglie in povertà” informa che sono in povertà assoluta 2 milioni e 200 mila famiglie con circa 1 milione e 300 mila minori. Neppure i redditi da lavoro salvano dalla povertà. Il “Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2024” della Caritas informa che oltre 5,7 milioni di italiani ― quasi un decimo della popolazione ― vivono in povertà assoluta. Questi dati dimostrano come sia modesta la ricaduta dei bonus governativi sul benessere dei cittadini.
D’altro canto, pur avendo un costo complessivo elevatissimo, e sebbene ammettendo che qualcosa sia meglio di niente, alcuni bonus ― se ottenuti ― sono di importo così modesto da non risolvere, in alcun modo, i bisogni dei beneficiari. Attraverso la Carta Acquisti, è erogato un sussidio di 40,00 euro mensili a coloro che hanno un reddito ISEE fino a 8.000 euro annui, con ricariche di 80,00 euro ma solo fino a disponibilità dei fondi stanziati dal Governo. 200,00 euro sono dati per Assegno unico per i figli a carico e per “bonus” animali domestici a coloro che hanno un reddito ISEE fino a 17 mila euro annui. Un bonus di 1.000 euro ― denominato “Bonus nuovi nati 2025” ed erogato tramite la Carta nuovi nati ― è concesso per sostenere i genitori con reddito ISEE inferiore a 40 mila euro annui. Guardando al quadro complessivo del lavoro, e pensando a disoccupati e cassa integrati, si fa fatica a pensare come i 1.000 euro possano rappresentare un aiuto se i genitori si trovano in una delle due citate condizioni.
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra esposto, la riflessione di Salvini ― che, peraltro, ha sempre assecondato l’istituzione di bonus, e anche ora pensa a dei nuovi ― dovrebbe indurre non solo ad un ripensamento delle regole ISEE, ma anche dell’intero sistema dei bonus valutandone l’efficacia.
Una nuova architettura del sistema dei bonus potrebbe far cadere la conclusione cui si è giunti che l’Italia è una Repubblica fondata sui bonus anziché sul lavoro (Rizzuti S., L’Italia è il Paese dei bonus: soldi a pioggia per evitare le riforme strutturali, in Money.it, 18.05.2022).