Per chi non avesse letto la notizia, a ridurre una donna -moglie e madre- 44enne con il volto distrutto, ricostruito da 21 placche di titanio, e un nervo oculare lesionato “in maniera permanente” secondo le motivazioni del magistrato, non fu “un eccesso d’ira immotivato e inspiegabile, ma uno sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane”. La donna, scrive il giudice, avrebbe “sfaldato un matrimonio ventennale” comunicando la separazione “in maniera brutale”.
Lei è stata brutale.
Lei, Lucia Regna, è dallo psicologo a farsi spiegare le motivazioni della sentenza. Ma come si può spiegare tutto ciò? In un solo modo, e ve lo dico da laureata con lode e premio Bruno Caccia in giurisprudenza: noi donne perdiamo sempre.
Perdiamo tra le mura domestiche dove non dobbiamo “far arrabbiare” un uomo. Sia esso un padre, un fratello, un compagno, un marito o un figlio. Perché anche la più forte delle donne è sempre debole davanti alla violenza di un uomo. Non dobbiamo nella società, con il capo ufficio, il vigile o il poliziotto di turno. Perché anche in questo caso, ogni sanzione sarà sempre certamente quantomeno meritata. E sapete perché? Perché questi maschietti violenti (che gli uomini sono tutt’altra cosa) troveranno sempre un maschietto vile come loro (perché solo un vile può picchiare una donna) a giustificare le loro azioni. Il violento di questa volta ha trovato Paolo Gallo, magistrato in Torino, che con una sentenza unica nel suo genere e che può creare un pericoloso precedente, ha trattato la vittima come imputato causandole, anche lui, un dolore senza rimedio.
Eppure, sia lui che il marito, non pagheranno. Lui perché magistrato, e loro non rispondono mai (se qualcuno dei suoi colleghi vuole spiegarci apertamente che questa è una cosa giusta, siamo qui per ascoltare). Il marito perché ha trovato un fratello di lotta. E poi però ci stupiamo di cosa fa il regime dei Talebani e ci riempiamo la bocca con la civiltà occidentale.
Tanto valeva l’ammazzasse, tanto la giustificazione ci sarebbe stata comunque, e lei forse si sarebbe evitata questa nuova violenza.
A giurisprudenza mi hanno insegnato che le sentenze non si commentano ma si eseguono. Beh, stavolta no, stavolta è troppo.