Editoriali | 14 aprile 2020, 12:47

Decreti Conte, promesse di luna nel pozzo. Di Carlo Manacorda*

Con il decreto “cura Italia” e “liquidità”, il premier Conte ha affermato di aver messo nel piatto 750 miliardi (la “potenza di fuoco”) ma attualmente nelle casse dello Stato italiano di quei soldi annunciati non c'è neppure un euro. Rischiamo di fare la fine dei protagonisti dell'antica storiella in cui si cercava di tirar su la luna dal pozzo ma quella, ad ogni tentativo, inesorabilmente svaniva

Decreti Conte, promesse di luna nel pozzo. Di Carlo Manacorda*

C’è un’espressione contenuta in un’opera pubblicata a Firenze nel 1570 che dice: “Promettere la luna nel pozzo”. Da allora, e per come è stata usata dall’autore nella sua opera, l’espressione ha assunto il significato di voler far credere come fosse cosa reale ― quindi cosa a portata di mano ― qualcosa che, però, è soltanto un’illusione. Così com’è un’illusione ottica quella che si crea se la luna si riflette nel pozzo e che fa credere che la luna sia lì a portata di mano, illusione che però svanisce immediatamente se si cerca di tirare su davvero la luna dal pozzo, altrettanto vale se si vuol far credere che ogni illusione sia qualcosa di reale.

Seguendo il tumultuoso percorso dei decreti che il Governo Conte sta sfornando per superare la gravissima recessione causata dall’epidemia Coronavirus ― decreti, tuttavia, assolutamente necessari poiché è soltanto lo Stato che deve ed è in grado di intervenire per ridare forze alle persone e a tutti i settori produttivi rimasti fermi per cause eccezionali ―, da molti punti di vista sembra che, veramente, si sia in presenza di “promesse di luna nel pozzo”.

Udendo le lunghe (e autocelebrative) presentazioni dei suoi provvedimenti da parte di Conte, tutti i fatti annunciati sembrano a portata di mano. Poi si leggono i provvedimenti ― che, quando vengono presentati, non sono ancora scritti ―. A questo punto, ciò che pareva chiarissimo diventa tutto più confuso. Non a caso intervengono, immediatamente, chiarimenti da parte di Agenzia delle Entrate, Inps e quant’altri per dire come le varie norme vadano interpretate e applicate. Ma neppure questo è sufficiente, anche perché non è detto dalla legge, ma deriva da interpretazioni anche se di soggetti autorevolissimi. In conclusione, tutto diventa più evanescente. E’ quindi del tutto naturale che ci siano proteste da parte dei destinatari dei benefici che li vedono diventare ogni giorno più incerti. Destinatari che, in ogni caso, non ne vedono l’applicazione immediata promessa da Conte.

Queste conseguenze (tuttora aperte su molti punti) ci sono state con il primo dei provvedimenti Conte destinato al sostegno economico di famiglie, lavoratori e imprese in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, il cosiddetto “decreto Cura Italia”. Si parla di “requisizioni di presidi sanitari, medicochirurgici e beni mobili di qualsiasi genere” per fronteggiare l’emergenza sanitaria, ma è incerto che cosa debba intendersi per presidio sanitario, se comprenda anche beni immobili e come vada intesa la requisizione. E’ incerta l’erogazione dell’indennità una tantum di 600 euro per partite Iva e lavoratori stagionali (per non dire che, col successivo decreto liquidità, si sono cambiati i requisiti per avere i 600 euro da parte dei professionisti iscritti a Casse private). Non si dice se l’assenza per quarantena dovuta a Coronavirus sia da intendersi come malattia ordinaria, e così via.

Discorso analogo vale per il “decreto liquidità” ― approvato l’8 aprile e applicabile dal 9 aprile ―. Contiene un’ammucchiata di interventi che vanno dalle misure di accesso al credito e per gli adempimenti fiscali delle imprese, ai poteri speciali nei settori strategici, dagli interventi in materia di salute e lavoro alla proroga di termini amministrativi e processuali. Da notare che questo decreto presenta difficoltà e dubbi applicativi notevoli proprio in merito al suo asse portante, e cioè l’accesso al credito da parte delle imprese. Se i dubbi non saranno sciolti, molte imprese potrebbero fallire (con tutte le conseguenze immaginabili in termini occupazionali). I crediti che, a detta di Conte, parevano potersi riscuotere già dal 9 aprile, sembrano svanire come la luna nel pozzo, e di là da venire.

Su ciascuno di questi argomenti ci sarebbe molto da dire. Ma qui interessa un’altra fetta di luna nel pozzo, quella che contiene la “potenza di fuoco” (così definita da Conte) dei 750 miliardi che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha detto di aver messo nel piatto per pagare tutti gli interventi promessi con i decreti “cura Italia” e “liquidità”. Per acchiapparli, non basta averli annunciati. Svaniscono. Infatti attualmente, nelle casse dello Stato italiano, non c’è neppure un euro dei 750 miliardi annunciati (e questo è anche uno dei motivi per cui, nonostante tutte le assicurazioni di tempestività, gli euro sonanti non arrivano e si fanno tutte le meline possibili per non darli subito).

Perché questi quattrini si materializzino, a grandi linee ci sono soltanto due strade. La prima è quella di aumentare il debito pubblico italiano ― già di 2.500 miliardi ― del suddetto importo. Questa strada è però quasi impercorribile poiché porterebbe tutta l’economia italiana sull’orlo del fallimento. La seconda strada è quella che si percorre in questi giorni e che vede il Governo italiano impegnato ad ottenere aiuti dall’Unione europea. Aiuti che non tutti i nostri partner europei sono disposti a darci (sono per il no Germania, Olanda, Finlandia e, in genere, Paesi del nord Europa) poiché temono che l’Italia, con quel debito pubblico che già si ritrova, cerchi di scaricare su loro la sua fame di denaro.

Le trattative dei Paesi europei per definire gli aiuti da dare agli Stati colpiti dalla recessione a causa di Covid-19 avranno un altro round il 23 aprile, ma ancora non si sa se sarà l’ultimo o ci saranno ulteriori rinvii. In ogni caso, se aiuti verranno dall’Unione europea non copriranno certamente tutti i 750 miliardi dei decreti Conte e gli altri che si aggiungeranno, come annunciato, per far ripartire gli investimenti in infrastrutture e opere pubbliche. Quindi, la parte non coperta dall’Europa aumenterà il debito pubblico che gli italiani pagheranno chissà per quanti anni.

Ecco perché su tutti i contenuti dei decreti Conte, ma particolarmente sulle coperture economiche, abbiamo la sensazione che si tratti ― almeno per ora ― di “promesse di luna nel pozzo”.

*Carlo Manacorda, docente di Economia Pubblica ed esperto di bilanci dello Stato

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