Editoriali | 25 marzo 2019, 12:09

La bufala dell'aria inquinata a Torino. Di Giuseppe Chiaradia*.

Cosa c'era e cosa c'è nell'aria che respiriamo. Che, dati alla mano, è cambiata. In meglio.

La bufala dell'aria inquinata a Torino. Di Giuseppe Chiaradia*.

E’ dagli anni settanta che si parla dell’inquinamento. Allora lo chiamavano smog, ancor oggi, le persone un po' vintage insistono nel chiamarlo nello stesso modo. E ne avevano ben ragione: in quegli anni moltissime abitazioni impiegavano ancora il carbone che in fatto di emissioni di particolato PM10 detiene il record assoluto (le cosiddette polveri sottili sono essenzialmente costituite da micro-particelle di carbone derivanti da combustione incompleta o anomala dei combustibili). Da quelle stufe usciva talvolta un killer insidioso: il monossido di carbonio (CO). Era frequente leggere dalle cronache dei giornali di intere famiglie sterminate nel sonno dal monossido di carbonio fuoriuscito dalla bocca della stufa a carbone in seguito ad un malfunzionamento o a una scorretta chiusura della caldaia.

Poi c’erano i combustibili: benzina gasolio, nafta. Questi contenevano zolfo e dalla combustione si originava un gas chiamato anidride solforosa (SO2). Questo gas a contatto con l'umidità dell’aria forma acido solforico. Da qui le famose piogge acide. Qualcuno ricorderà forse i telegiornali ancora in bianco e nero con i reportages sulle piogge acide nella Foresta Nera in Germania che ne inaridivano gli alberi.

Pertanto il legislatore ha giustamente cominciato ad imporre norme più restrittive sulle emissioni dei veicoli e dalle caldaie. Già dagli anni '70 è stato eliminato l’uso del carbone e si è imposto che i combustibili contenessero tenori praticamente nulli di zolfo: chi era adulto in quegli anni non può aver dimenticato quali erano le condizioni ambientali in città.

Comunque, per chi avesse rimosso e per coloro che sono realmente intenzionati a conoscere la realtà, il rapporto “Inquinamento nelle aree urbane ed effetti sulla salute” elaborato dall’ ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con sede a Roma, datato 2016, quantifica INEQUIVOCABILMENTE il deciso miglioramento della qualità dell’aria a Torino. In questo rapporto vengono riportati dati statistici sui valori effettivi di inquinanti in alcune aree dell’Italia dal 1973 al 2015. Fra questi, figurano i dati rilevati dalla stazione dell'Arpa in via della Consolata.


Nella tabella sottostante riporto i valori relativi ad alcuni anni ricavati dai grafici del rapporto (il quale è facilmente rintracciabile su internet). La concentrazione di inquinanti è espressa in microgrammi per ogni metro cubo di aria:


INQUINANTE

(microgrammi per 1 metro cubo di aria)

1973

1980

1994

2015


Anidride solforosa SO2

2000

800

250

15

Monossido di carbonio CO

-

10

3

1

Particolato PM10

250

160

120

60



Abbiamo detto che i dati si riferiscono a microgrammi /m3. Il microgrammo è la milionesima parte di un grammo. Tanto per avere idea: prendete un qualcosa che pesi un grammo, se lo dividete per 1000 ottenete il milligrammo, e se dividete il milligrammo per mille volte ottenete a qual punto il milionesimo di grammo.

Ora è apprezzabile che si tenda al meglio del meglio e che quindi si tenda ad avere l’aria più pulita, ma oltre un certo limite non ha più senso andare, perché i valori degli inquinanti sono già prossimi allo zero. Si tenga inoltre presente che, in ogni caso, valori ultra infinitesimali non vengono nemmeno percepiti dall'organismo: una cosa è essere trafitti da una pugnalata, un’altra cosa è appoggiare il dito leggermente sulla punta di uno spillo. Capisco che sarebbe buona cosa che gli spilli non venissero nemmeno presi con delicatezza. Però, ragazzi …

Lo stesso rapporto ISPRA riporta la media delle concentrazioni di particolato PM10 nelle aree urbane e rurali in Italia e negli anni. Nel 2012 avevamo:

Media concentrazione aree rurali: 27 microgrammi / m3

Media concentrazioni aree trafficate: 33 microgrammi / m3

Quindi la differenza è insignificante: 27 contro 33. Al solito, ci sarà chi alzerà il ditino dicendo che, tuttavia, in termini percentuali la differenza è alta, del 22%. Ed è qui che sta l'inghippo (o la “furbata”): si sta parlando di numeri piccolissimi, di concentrazioni infinitesime di particelle di carbonio, non di plutonio radioattivo. Quindi i discorsi percentuali non significano nulla, ciò che conta è il dato complessivo.

Ad esempio se un tizio fuma una sigaretta alla settimana, vuol dire che fuma pochissimo e non rischia nessun tumore ai polmoni. Ora, se quel tizio decide di fumare 2 sigarette alla settimana, cioè se aumenta del 100% il consumo, quale è la conseguenza? Zero. Perché fumare 1 o 2 sigarette alla settimana è la stessa cosa: nessun effetto percettibile. Se così non fosse, l’uomo non sarebbe arrivato fino ad oggi, perché il suo organismo non avrebbe avuto la capacità di adattarsi al cambiamento delle condizioni ambientali.


*Giuseppe Chiaradia, ingegnere chimico.

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