La Tesla, la Cina: per noi europei questi sono tempi difficili. Ma ci è chiaro, esattamente, cosa è in gioco? E' questo l'incipit dell'articolo scritto da Luca De Meo per Autocar dal titolo accattivante: “Come salvare l'industria automobilistica”.
Tanto per cominciare ricordiamoci un attimo di chi stiamo parlando: Luca De Meo, milanese, amministratore delegato di Renault di cui ha assunto la guida nel 2020 tirando fuori il gruppo da un drammatico buco finanziario e riportandolo ad essere competitivo, 30ennale esperienza nel settore auto, da Toyota a Fiat, da Alfa Romeo ad Audi a Seat, è anche presidente di Acea, l'associazione europea costruttori di automobili. Per dire che si può anche dissentire da cosa dice ma conviene farci attenzione.
Fatta questa premessa, vediamo quali sono i capisaldi del suo ragionamento.
Intanto subito la risposta alla domanda appena posta, quella in cui si chiede se si ha contezza di quale sia la posta in gioco: “È molto semplice: eliminando l’industria automobilistica, l’Europa si ritroverà con un deficit commerciale strutturale”. In una riga la tragedia della nostra economia.
L'auto si muove in un nuovo campo da gioco
Il campo da gioco dell'automotive, scrive De Meo, è profondamente cambiato in due decenni, nuove regole e nuovi giocatori, con l'auto europea che mediamente è più pesante del 60%, più costosa del 50% e ha visto diminuire il numero di posti di lavoro fino al 40%.
Prima era solo l'endotermico, caratterizzato da scala ed efficienza, ora c'è tanto altro che ha come regole innovazione e agilità strategica: nuove tecnologie, nuovi materiali, problemi che prima non esistevano in uno scenario caratterizzato da mutamenti repentini secondo una modalità diversa da quella precedente.
La chimica non è la meccanica
De Meo fa l'esempio delle batterie, non a caso esemplificativo di tutto: “Per il motore a combustione interna, la tecnologia con cui stavamo lavorando era matura e l’innovazione era incrementale. Le batterie sono molto diverse: un investimento di un miliardo di sterline in una gigafactory può essere messo in discussione da un giorno all’altro se emerge una nuova chimica”. Ecco, cominciamo a ricordarci che l'auto a batteria è una “questione di chimica” e la chimica non è la meccanica. Pare banale ma giova sottolinearlo per chi prende le cose alla leggera.
Quindi, alla luce di tali novità, l'Europa non ha più le barriere “naturali” all'ingressofornite dalla tecnologia dell'endotermico, che era per altri inarrivabile. E, sempre a proposito della chimica di cui sopra, le batterie, ricorda De Meo, sono dominate dai cinesi al 75% mentre la raffinazione del litio ( che tra l'atro a livello ambientale non è una passeggiata di salute) è cosa loro al 90%.
Cosa fare
Se questo è il quadro, dice De Meo, non restano che due possibilità: la prima è capire che bisogna cambiare modelli di business, strategie e prodotti.La seconda è prendere coscienza che chi si muove da solo, per lo meno in Europa, non va da nessuna parte: “Sono profondamente convinto che abbiamo bisogno di una risposta collettiva e di un’autorità pubblica in grado di coordinare una mobilitazione europea se vogliamo che la nostra industria automobilistica raggiunga il suo massimo potenziale. Avendo dedicato tutta la mia carriera a questo settore, ritengo che la domanda che ci si pone oggi sia piuttosto semplice: l’Europa ha la volontà di dotarsi finalmente di una vera politica industriale per il nostro settore, con un’ambizione olistica, invece di limitarsi ad accumulare scadenze? E multe? A mio avviso, questa dovrebbe essere la nostra massima priorità. Abbiamo bisogno di alcuni principi e obiettivi chiari, di un piano e di un processo di revisione dinamico in modo da poterci adattare costantemente, perché ciò che verrà dopo non sarà una passeggiata nel parco”.
E un esempio virtuoso di come l'Europa abbia saputo mettere insieme il meglio delle tecnologie con un grande risultato c'è già: è l'Airbus.
Quella, dice De Meo, è stata una modalità in cui sono emersi campioni europei nelle tecnologie chiave. Così, conclude il manager, si deve fare ora per l'automotive: l'Europa deve inventare il proprio modello di produzione in cui tutti i settori sono coordinati fra loro.
“Un modello ibrido tra iniziativa privata e intervento pubblico dovrebbe consentirci prima di tutelarci e rafforzarci e poi, nel medio e lungo termine, tornare all’offensiva, sempre in un contesto di equità e sana concorrenza”. E tutto questo, sottolinea De Meo, non solo è valido per l'Europa ma anche per il Regno Unito.
Il pensiero di De Meo sull'elettrico è chiaro. Come ha detto in più occasioni, a partire dalla sua rielezione a presidente dell'Associazione europea costruttori di auto, “sull'elettrico non si torna indietro” quindi l'accelerazione va impressa su questo fronte. E si può non essere d'accordo. Tuttavia, merita farci qualche riflessione.