Editoriali | 29 maggio 2023, 08:11

Il trading finanziario è destinato a distruggere ricchezza. Di Paolo Turati*

Al di là degli aspetti etici, che ci sono, chi confida nella speculazione finanziaria finisce, prima o poi, di rovinarsi. E porta, in generale, alla distruzione di ricchezza. Ecco perchè.

Il trading finanziario è destinato a distruggere ricchezza. Di Paolo Turati*

Un articolo di qualche anno fa di 24plus.ilsole24ore cerca di spiegare perché quasi tutti coloro i quali confidano di vivere (magari sperando di arricchirsi) col trading finanziario (leggasi speculazione differenziale, di cui al Codice Civile) in realtà si rovinano. Ho incontrato nel corso della mia vite gente che ha chiuso imprese o studi legali e commercialistici (che probabilmente non andavano troppo bene...) per sbarcare il lunario con "l'equivoco del trading" e che in poco tempo si sono ritrovati alla canna del gas.

Ad di là degli aspetti etici (la speculazione finanziaria non crea nulla a parte le commissioni di intermediazione titoli per Sim et similia: in ogni operazione da una parte c'è chi guadagna una certa somma a fronte di un'altra che la perde simmetricamente) e delle spiegazioni comportamentali e tecniche, la motivazione basilare è che in ogni atto di investimento sui Mercati finanziari ci sono 4 probabilità su 5 di sbagliare:

(1) compro un titolo o anche Fondo Comune a un certo prezzo e successivamente il prezzo scende;

(2) compro un titolo a un certo prezzo e successivamente il prezzo sta fermo (sicché perdo totalmente l'interesse di un investimento no-risk in cui avrei potuto investire la stessa somma, che mi verrà vieppiù decurtata dall'inflazione);

(3) compro un titolo e successivamente il prezzo sale ma non in modo tale dal "battere" il rendimento di un investimento no-risk (di modo che perdo parzialmente l'interesse di un investimento no-risk in cui, appunto, avrei potuto investire la stessa somma, che in più mi verrà, parimenti a quanto detto sopra, decurtata dall'inflazione);

(4) compro un titolo e il prezzo successivamente sale in modo di darmi un rendimento superiore a quello di un investimento no-risk in cui avrei potuto investire la stessa somma ma senza superare il livello di inflazione (caso esattamente conforme a cosa sta accadendo di questi tempi, coi Titoli di Stato che pagano il 3/4% e l'inflazione all'9%);

( 5) solo se successivamente all'acquisto del titolo il prezzo salirà oltre il livello di un investimento no-risk "e anche" del tasso inflattivo avrò guadagnato. Questo nel caso di mettersi "long" ma nel "shortare" è la stessa cosa.

In un Mercato telematico sempre aperto c'è modo di incorrere in tale sfavorevole congiuntura statistica ogni ora, ogni minuto, ogni secondo: se si prova a fare un'estrapolazione di questa considerazione, si capisce perché il trading (anche quello effettuato dai gestori professionali del Risparmio per conto della clientela) e più in generale, la gestione attiva, specie se "iper", sono destinati preponderantemente al distruggere ricchezza.

*Paolo Turati, docente Economia degli Investimenti

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