Il Paese dei balocchi è il luogo immaginario ― creato da Collodi nelle “Avventure di Pinocchio” (cap. XXX) ― dove si pensa soltanto a divertirsi, senza dover sottostare a ordini o impegni. Nel linguaggio figurato, dire che uno vive nel Paese dei balocchi significa dire che vive al di fuori della realtà. Alcuni atti della politica nostrana fanno sorgere il sospetto che l’Italia sia diventata un po’ un Paese dei balocchi. Che la politica viva al di fuori della realtà.
Soltanto in un Paese dei balocchi si pensa di eliminare la povertà per decreto.
In un Paese dei balocchi, si assumono 3.000 soggetti ― audacemente definiti “navigator” (ufficiali di rotta) ― con il compito di “traghettare” chi non ha un’occupazione verso chi offre un impiego. Però i disoccupati non sono naufraghi. Dispongono di una bella ciambella di salvataggio chiamata “reddito di cittadinanza” che consente di rifiutare l’impiego (“Ho il reddito di cittadinanza. Chi può costringermi a rinunciare al dolce far niente e sottostare a ordini o impegni?”).
Lo stupefacente meccanismo (copyright Governo Conte, su imposizione del Movimento 5 Stelle) finisce in uno spaventoso naufragio. Ricadute sull’occupazione: quasi nulle. I “navigator” perdono, presumibilmente, il posto e diventano i naufraghi. Chi ha incassato il reddito senza avervi diritto (finti naufraghi) ha guadagnato, a sbafo dalle casse dello Stato, 15 milioni di euro (che difficilmente lo Stato riuscirà a recuperare). Tutto l’ambaradan è costato alle tasche degli italiani oltre 22 miliardi di euro.
Soltanto in un Paese dei balocchi, lo Stato autorizza a fare spese per 100, e si impegna a rimborsale al 110 (Superbonus 110%, sempre copyright Governo Conte e Movimento 5 Stelle). Quando ci si rende conto dell’assurdità dell’intervento, si cerca di correre ai ripari scoprendo però che ora c’è un altro buco nel bilancio dello Stato di 40 miliardi.
Sull’italico Paese dei balocchi, sta per cadere una pioggia di miliardi. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è la cicogna che porta, nel suo fagotto, 220 miliardi di euro. Dovrebbero servire per far crescere il Paese nell’economia (e forsanche nella maturità). Però la crescita deve avvenire, a scadenze prestabilite, entro il 2026. Se non si rispettano le scadenze, la cicogna torna a Bruxelles.
Nell’italico Paese dei balocchi, mentre si esulta perché la cicogna ha già lasciato cadere 67 miliardi, si constata che ne sono stati spesi soltanto 21 (centenaria lentezza della burocrazia). E in più, per beccare la prossima tranche di 19 miliardi, si dovrebbero raggiungere, entro la fine del 2022, 55 obiettivi molti dei quali in forte ritardo BILA - Dossier - 10 (camera.it).
Si scopre inoltre che, per attuare il PNRR, manca un numero enorme di persone. 64.000 per l’Edilizia ― di cui 53.800 per la categoria operai (Costruttivi: la sfida per il settore delle costruzioni dopo il Pnrr. A Positano il XXII Convegno dei Giovani Ance – ANCE Giovani). 16.000 per il settore delle Telecomunicazioni ― di cui 8.500 per lavori di manodopera (Santilli G., Tlc, mancano 16 mila figure professionali: Pnrr a rischio frenata, Il Sole 24Ore, 27.10.2022). E chissà quanti altri ancora per tutti i settori d’intervento del PNRR, compresa la Pubblica Amministrazione che deve supportare l’attuazione del Piano da ogni punto di vista.
Scorrendo queste notizie, una domanda è d’obbligo: se non si fosse in un Paese dei balocchi non sarebbe stato meglio pensare alla formazione di personale (tra l’altro uno dei temi centrali del PNRR), e investire in questo settore almeno una parte dei 22 miliardi buttati per stravaganti “navigator” e redditi di cittadinanza? E la stravaganza della vicenda “navigator” e reddito di cittadinanza emerge ancora maggiormente quando le imprese lamentano la mancanza anche di manodopera senza qualificazione particolare.
In ogni caso e senza guardare indietro, se non si fosse in un Paese dei balocchi, dovrebbe udirsi un coro unico e unanime da parte di chi occupa posizioni di responsabilità pubblica per trovare le modalità per rimediare. Non è così.
Ampi settori della politica continuano a trastullarsi nei loro giochetti di potere. D’altro canto, sui banchi della politica siedono, da decenni, veterani che hanno rivestito tutti i ruoli che la politica offre, ma hanno sempre preferito occuparsi di correnti di partito e simili ― con cambio di giacchetta se necessario ― pur di difendere la loro poltrona (altro che continue dichiarazioni che loro facevano tutto nell’interesse degli italiani!). Mai sentito l’impulso di far fare al Paese un balzo verso il futuro.
Buona parte del mondo dell’istruzione ― in prima linea per la formazione ― continua ad arroccarsi nella sua autonomia, non avendo mai voluto sciogliere il nodo se debba essere lui a mettersi al servizio della collettività o sia la collettività a sottostare alle sue volontà.
L’attuale Governo di Giorgia Meloni cerca di ricucire questa sbrindellata realtà e di cancellare, per l’Italia, l’etichetta di Paese dei balocchi: revisione del reddito di cittadinanza, del superbonus 110%, dei vincoli per l’attuazione del PNRR, ecc. Forse non guasterebbe anche qualche strigliatina al mondo dell’istruzione per costringerlo a capire quali sono le necessità del Paese in materia. Tuttavia, nessuno oggi è in grado di dire se riuscirà in questo tentativo titanico.
Certo è che, nella descrizione che Collodi fa del Paese dei balocchi, qualche somiglianza con il mondo della politica nostrana la si può trovare. Nel Paese dei balocchi le aule scolastiche sono vuote perché non si studia ed è vacanza dal 1° gennaio al 31 dicembre. Nel bel Paese, le aule parlamentari sono spesso vuote pur essendo, deputati e senatori, pagati. Talora pare che qualche politico abbia anche carenze culturali per non aver studiato bene la lezione sul ruolo che ricopre. Ma forse sono solo impressioni. Senza dimenticare però la fine che Collodi fa fare a chi vive nel Paese dei balocchi: a Pinocchio crescono le orecchie da asinello (e penso che tutti vorremmo evitarlo).