Posto che, amaramente, tutti ci attendevamo l’esito referendario di cui, da stamani, si fa un gran parlare, ritengo che ci siano un paio di riflessioni per allargare il tema un po’ oltre le solite ovvietà.
In primis, ritenere che “la giustizia” sia una questione tecnica per pochi è un argomento che bisogna togliersi dalla testa e dalla bocca: nulla permea la nostra vita umana quanto la giustizia o, meglio ancora, il diritto. Tutto discende e ascende ad esso, in un ordinamento giuridicamente orientato che si definisce, appunto, stato “di diritto”. “Diritto e Giustizia” sono le tasse che paghiamo, i diritti ed i doveri di cui siamo portatori, il diritto ad essere ritenuti -e trattati- tutti allo stesso modo innanzi alla legge, la partecipazione alla vita della Comunità che ci fa essere cittadini e non vassalli. Tutto questo, e molto altro ancora, è “giustizia”.
Ebbene, dire che questo referendum sia stato bistrattato perché i temi erano troppo tecnici è, ancora una volta, voler dare ai cittadini una colpa che invece nasce e si incardina nelle stanze del potere. Dove nulla di reale e’ stato fatto per portare i cittadini al voto. E dire che di campagne “motivazionali” sui temi che gli stanno a cuore questo Governo se ne intende…
Ciò che salta all’occhio, guardando l’andamento delle serie storiche dei referendum, è che dal 1974 al 1995 i quorum sono stati quasi sempre raggiunti. Dal 1997 in poi, invece, è successo l’esatto opposto.
Era il 1991 quando in occasione del referendum sui voti di preferenza, Bettino Craxi disse: “Andate al mare”. Il suo era un chiaro invito ad astenersi dalla votazione, magari con l’auspicio di mancare il quorum. Un tentativo molto chiacchierato, ma senza grandi risultati. Anche perché in quel referendum l’affluenza fu del 62,5%. Stavolta, invece, la violazione del silenzio elettorale da parte di Repubblica con l’invito a non andare a votare oppure votare no hanno sortito il risultato auspicato.
A ciò si aggiunga che del referendum non si è mai parlato tanto quanto oggi (per lo più peraltro per decretare quello che per molti è un insuccesso della Lega), ma di certo se si fosse voluto raggiungere un risultato diverso i vari talk televisivi invece di parlare continuativamente e continuamente dell’ “unica guerra al mondo” avrebbero potuto dedicare del tempo al dibattito su un tema di così cruciale importanza qual è , appunto, quello della amministrazione della Giustizia. Che invece continua ad essere trattato come certe malattie o quello della sicurezza stradale, temi di cui ci si occupa solo quando la famiglia ha un malato in casa, una persona che ha avuto un incidente, o qualcuno che finisce davanti ad una Corte di Giustizia, appunto.
Nella desolazione generale resistono però piccoli baluardi di democrazia, comunità più partecipi, virtuose o consapevoli (o forse un mix delle tre cose) come -ma di certo non è il solo- il Comune di Cesana Torinese, paese delle nostre Valli olimpiche, che, pur non votando il sindaco, ha raggiunto il 51%. Gli fa da contraltare (ahinoi, da nord a sud le cose spesso cambiano molto, e non si tratta di “razzismo” ma di oggettività) quanto accaduto a Palermo -città in cui peraltro si votava anche il Sindaco- dove la diserzione dei 40/50 scrutatori (temo che un numero reale non si avrà mai) bellamente e biecamente imputata al fatto che la sera ci sarebbe stata la partita (!!!) credo sia invece più da ricercarsi nelle dichiarazioni riportate dai giornali in occasione della visita in città del premier Conte per la campagna elettorale. Senza timore, molti giornali hanno infatti ripreso ciò che la gente affermava acclamando la visita del “caro leader” :“Lui ci da’ da mangiare e noi lo votiamo” facendo un chiaro riferimento al reddito di cittadinanza. Ebbene, è più che palese che quando dal patto con il Leviathano si passa al voto di scambio, quando un Governo non punta più sulla crescita ma sul pagare le persone affinché non facciano nulla, quando delle misure temporanee e di emergenza si trasformano in misure a tempo indeterminato, quando lo stato da sociale diventa assistenziale, quando si torna ad essere vassalli anziché cittadini, la diserzione dalle urne è il minimo che può accadere.