lineaitaliapiemonte.it | 27 aprile 2022, 22:29

Roma ladrona? Ma no! Diamole poteri speciali, magari con Milano e Napoli. Di Carlo Manacorda*

Dopo quella, incompiuta, del federalismo, è di nuovo tempo di riforme costituzionali: si vuole trasformare Roma, e magari anche Milano e Napoli, in nuovi soggetti istituzionali con il pauroso intreccio di poteri che si creerebbe tra Stato, Regioni sede dei nuovi soggetti e i soggetti stessi. Sorprende l’unanimità politica su questa proposta dalla quale soltanto tre soggetti trarrebbero beneficio, con esclusione di tutte le altre Città. E' fondamentale dunque che i parlamentari di ogni regione sostengano un approfondito dibattito in sede parlamentare

Roma ladrona? Ma no! Diamole poteri speciali, magari con Milano e Napoli. Di Carlo Manacorda*

Il 19 aprile, la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha votato, all’unanimità, un testo base di disegno di legge costituzionale per dare a Roma Capitale poteri speciali. Dovrebbe avere i poteri legislativi riconosciuti alle Regioni (esclusi quelli in materia di Sanità e in altre materie da stabilirsi d’intesa con la Regione Lazio e lo Stato). I poteri speciali di Roma potranno essere esercitati dopo due anni dall’entrata in vigore della legge costituzionale. Queste le linee del disegno di legge. Il testo, tuttavia, non è ancora noto. Risulterebbe infatti la sintesi si diverse proposte di legge. Tra queste, un posto non marginale riveste quella avanzata dal deputato romano Roberto Marassut (Pd) per estendere anche a Milano e Napoli gli stessi poteri di Roma Capitale. Al contempo, egli propone di ridurre da 20 a 13 le attuali Regioni. Gongola ovviamente il Sindaco Pd di Roma, Roberto Gualtieri.

La questione non spunta oggi. Ha radici vecchie. Tra la fine del secolo passato e l’inizio dell’attuale, andava di gran moda il Federalismo. “Basta con questo Stato centralizzato e pigliatutto. Si ripartiscano i poteri tra Stato e Regioni!” E, siccome lo Stato ha il cuore nella Capitale, in quel periodo il grido di battaglia suonava alto, duro e ritmato: “Roma ladrona, la Lega non perdona”, mentre treni provenienti dal nord e battezzati “Nerone”, carichi di militanti, scendevano a Roma per dare nuovamente fuoco alla Capitale (dicembre 1999).

Il Federalismo, vale a dire la ripartizione di poteri tra Stato e Regioni, fu avviato con una legge di riforma costituzionale (L. 3/2001). Si stabilirono poteri e funzioni che restavano allo Stato e poteri e funzioni trasferiti alle Regioni, e si disciplinarono le conseguenze della nuova architettura.

Il Federalismo non provocò la rivoluzione pensata dai proponenti. Il suo percorso iniziò soltanto nel 2009 (L. 42/2009). Poi però s’interruppe bruscamente e in maniera pressoché totale. La gravissima situazione economica del Paese e le volontà dell’Europa imponevano che, in materia di finanza pubblica, tutti i poteri ritornassero allo Stato. Il Governo Monti (2011/2013) provvide in questo senso. E, come si sa, senza quattrini non si va lontano.

La legge sul Federalismo conteneva, però, un riferimento specifico a Roma. “Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento” (art. 114 della Costituzione). Per il vero questo riferimento, per qualche anno, non produsse gran che. Solo un modesto decreto in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale (156/2010).

Nel 2021, si riaccendono gli interessi su Roma Capitale. Quali i motivi. Nel 2025, ci sarà il Giubileo. Inoltre, Roma si è candidata per l’Expo del 2030. Per amministrare al meglio funzioni e quattrini, bisogna darle robusti poteri (tutti, per ora, ancora da definire). Sono portavoce di questa urgente esigenza i deputati romani Paolo Barelli (Forza Italia) e Francesco Silvestri (M5s) e il già citato deputato romano Marassut (Pd).

Quale sarà la riforma costituzionale su questo tema che vedrà la luce ― se la vedrà, tenendo conto delle difficoltà per approvare una legge di riforma costituzionale ― non è dato ancora sapere. Però c’è la partenza. Ed è questa che suscita qualche riflessione.

Come si sa, tutto evolve nel tempo. Negli oltre vent’anni passati dalla fine del secolo scorso, molta acqua è passata sotto i ponti del Tevere. Roma non è più ladrona. Era stata soltanto una battuta spiritosa. Non è rinato alcun Nerone per mandarla nuovamente a fuoco. Anche le opinioni della politica possono dunque cambiare. Ed ecco che il disegno di legge per dare poteri speciali a Roma è approvato all’unanimità. Di tutto questo, si può prendere atto.

Però, dando uno sguardo un po’ più largo, si constata che le riforme costituzionali più rilevanti degli ultimi anni non hanno brillato per effetti stravolgenti. Quella del Federalismo continua ad essere ampiamente incompiuta. Sul punto, si possono avere opinioni diverse. Però è un fatto che autonomie regionali vengono rivendicate in tutto il mondo. Per snellire la burocrazia aumentando l’efficienza del Paese, il decentramento delle funzioni pubbliche non è uno slogan, ma una necessità.

La cosiddetta “Riforma Delrio” ― che doveva abolire le Province e dare regole per il funzionamento della Città metropolitane ― ha manifestato, fin dall’approvazione, forti debolezze d’applicazione. Oggi, constatandone il fallimento ― derivante anche da un’altra riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi (quella che prevedeva l’abolizione del Senato) ma bocciata ― si pensa di rivederla totalmente.

Ora, in termini vaghi e confusi, si riparte con una nuova riforma costituzionale. Trasformiamo Roma e magari anche Milano e Napoli in nuovi soggetti istituzionali. L’intreccio pauroso di poteri che si creerebbe tra Stato, Regioni sede dei nuovi soggetti e i soggetti stessi non favorirà certamente la tanto invocata semplificazione burocratica e la conseguente accelerazione dei processi amministrativi.

Da ultimo sorprende l’unanimità politica su questa proposta di riforma costituzionale, con la quale si pensa di abolire alcune Regioni e, verosimilmente, soltanto tre soggetti ne trarrebbero beneficio, con esclusione di tutte le altre Città metropolitane e di tutti gli altri capoluoghi di Regione. È auspicabile che l’unanimità verificatasi nella Commissione Affari Costituzionali della Camera ceda il passo ad un dibattito più approfondito in sede parlamentare.

L’invito ai parlamentari di ogni regione è di sostenere questo dibattito per equilibrare posizioni territoriali ed evitare che si creino altri stati di confusione dei quali il Paese non ha proprio bisogno.

*Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici