Si paventa da sempre che “alla ripresa, dopo le Ferie”, se ne vedranno delle belle, nel senso di ‘brutte’: dall’Autunno caldo degli scioperi di qualche decennio fa alla Legge Finanziaria che ogni fine anno grava come un macigno sulle teste dei contribuenti italiani e dei loro portafogli.
In questo strano Autunno post pandemia in cui entreremo fra poche settimane col timore della seconda ondata di un fenomeno virale i cui numeri sono sì più gravi del solito (sebbene l’Influenza “normale” possa già di per sè causare fino a 10 mila vittime: https://www.agi.it/fact-checking/news/2020-02-20/coronavirus-influenza-stagionale-7136419/) ma anche del tutto da reinterpretare (34 mila morti in Italia su 250 mila contagiati ufficiali vorrebbe dire che in Italia il Covid uccide il 14% di chi ne viene contagiato quando l’Oms stima che il tasso di letalità globale del Covid sia dello 0,6%, il che significa che, più o meno, gli Italiani contagiati sono 5 milioni) ma l’incidenza più fatale dei quali pesa sull’Economia.
Meno 12% del Pil italiano nel II Semestre 2020 è un dato (prevedibile) ovviamente allarmante, ma ci sono settori molto più colpiti di altri, come il petrolio, i trasporti, il turismo e l’automotive e, purtroppo, Torino ed il Piemonte sono in coinvolti in pieno in questi ultimi due ambiti. Fca accusa un meno 63% di vendite nel secondo trimestre, con oltre metà fatturato perso, assieme a più di un miliardo a saldo negativo del conto economico di periodo. Tempo fa denunciai il fatto che Fca, vendendo la Magneti Marelli per oltre sei miliardi ai Giapponesi, avesse sostanzialmente abdicato alla propria funzione industriale. Visto ora, sono stati dei geni, oltretutto programmando irreversibilmente la fusione con la Peugeot (in realtà un pre-assorbimento da parte della Casa francese) che eviterà al gruppo italoamericano già oggi con sede in Gran Bretagna e domicilio fiscale in Olanda un rischio di default che, coi tempi che corrono, sarebbe stato verosimile nel giro di pochi anni.
Ad essere obiettivi, quindi, non c’è da aspettarsi nulla di positivo quando in Autunno saranno oltretutto autorizzati nuovamente i licenziamenti. Già ad oggi in Italia la situazione occupazionale causata dal Coronavirus (meno 600 mila occupati e più 700 mila inattivi) presenta tinte fosche e non c’è nulla che faccia sperare in una ripresa a breve, nonostante i Recovery Funds che arriveranno parzialmente peraltro solo fra un anno. Torino ed il Piemonte dovranno reinventarsi totalmente, nei prossimi anni, ma non, fortunatamente, partendo da zero, bensì dalle proprie eccellenze anticicliche. Dall’Università (il polo di Torino ha più di 100 mila iscritti, gran parte “fuori sede”) all’enogastronomia, alla tecnologia (in cui il Politecnico gioca un ruolo primario), ai servizi finanziari (IntesaSanPaolo, con l’acquisizione di Ubi Banca è ormai un player europeo), al turismo.
Molto si dovrà investire anche nella Cultura, settore che ha già un paio di atout importanti come il Museo Egizio e la Reggia di Venaria ma che deve ancora fare moltissima strada specialmente rispetto ai soggetti investiti della sua gestione per poter diventare un driver economico rilevante.