Editoriali - 29 dicembre 2025, 10:26

Pressione fiscale e inflazione, valori economici a doppia faccia da prendere con riserva. Di Carlo Manacorda*

Pressione fiscale e inflazione si presentano con valori economici diversi a seconda che si calcolino con regole matematiche o facendo riferimento alla realtà quotidiana. E, ovviamente, sempre a svantaggio dei cittadini. Un breve vademecum che mostra perchè la pressione fiscale “reale”, così come il valore dell'inflazione “percepita”, è ben superiore a quella ufficiale

Pressione fiscale e inflazione, valori economici a doppia faccia da prendere con riserva. Di Carlo Manacorda*

L’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (OCPI) prevede che la pressione fiscale si stabilizzerà, nel 2025, al 42,8% del PIL (Prodotto Interno Lordo, cioè il valore totale dei beni e servizi prodotti in un paese in un determinato periodo, di norma un anno).

L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) informa che, nel mese di novembre 2025, l’inflazione si attesta, su base annua, all’1,1%.

Sono questi due valori economici “legali” ripetutamente diffusi dai mezzi d’informazione.

La loro definizione avviene applicando regole molto complesse. Pertanto, quando sono “ufficializzati”, assumono un valore che si ritiene valido in assoluto. Chi governa si appropria, immediatamente, di questo valore e cerca di ricavarne (se ci sono) contenuti positivi mettendoli a confronto con quelli peggiori di precedenti governi, confronto fatto con l’intento di aumentare il prestigio dei risultati conseguiti dalla sua amministrazione.

Pressione fiscale e inflazione sono però valori economici a doppia faccia. Infatti, se non si calcolano con le astratte regole matematiche ufficiali che, tra altro, includono anche componenti incerte, e si valutano facendo riferimento alla realtà quotidiana, si ottengono importi diversi, purtroppo sempre a svantaggio dei cittadini.

Pressione fiscale

La pressione fiscale è la quota che Stato ed enti pubblici prelevano, per legge, dal reddito di cittadini e imprese, mediante tasse, contributi o altre trattenute (le c.d. entrate fiscali totali) per finanziare la spesa pubblica. In pratica, se la pressione fiscale è, ad esempio, al 43%, per ogni 100 euro di reddito che si produce nel Paese 43 euro finiscono nelle casse pubbliche.

Le regole economiche prevedono che la pressione fiscale “legale” si calcoli facendo il rapporto tra l'ammontare totale delle tasse e dei contributi versati da cittadini e imprese e il PIL, e poi si moltiplichi il risultato per 100. In concreto, tenendo presente che oggi si può parlare soltanto di stime poiché i dati reali si conosceranno soltanto dopo la chiusura dei conti dell’anno, e riferendoci al 2025, se il prelievo pubblico totale sul reddito ammonterà a 900 miliardi di euro e il PIL sarà di 2.100 miliardi di euro, dividendo i 900 miliardi per 2.100 miliardi, e moltiplicando il risultato per 100, si ottiene la previsione di pressione fiscale “legale”, per il 2025, del 42,8%, come stimata dall’OCPI.

Inflazione

L’inflazione è un aumento generale e prolungato dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo.

Per misurare l’inflazione “legale” l’ISTAT individua, ogni anno, un complesso di beni e servizi definito “paniere di riferimento”. Per esempio, nel 2025 il paniere include 1.923 prodotti scelti secondo le abitudini di spesa delle famiglie. Da quest’anno, sono stati compresi speck da banco, pantaloncini da donna, lampade da soffitto, camere d’aria per biciclette, spazzole tergicristalli, cono gelato, articoli per animali domestici. Ai beni e servizi sono dati pesi diversi. L’ISTAT effettua migliaia di rilevazioni dei prezzi dei beni del paniere e, attraverso medie elaborate secondo complicate regole matematiche, formula l’indice dei prezzi al consumo. L’indice ottenuto dimostra se ci sono state variazioni in più o in meno nei prezzi dei prodotti, cioè qual è l’inflazione “legale”.

Pressione fiscale: valore legale e valore reale

S’è detto prima che il valore “legale” della pressione fiscale è dato dal rapporto tra l'ammontare totale delle tasse e dei contributi versati da cittadini e imprese e il PIL.

Va però tenuto presente che nel PIL è considerata, anche in base alle norme europee, un’economia definita non osservata o sommersa (lavoro in nero, vendite senza fatturazione, affitti senza contratto, addirittura redditi da prostituzione e commercio di stupefacenti, ecc.). Il valore dell’economia non osservata è stimato dall’ISTAT, mediamente, in 200 miliardi di euro annui e, proprio perché è sommersa, questa economia non paga tasse e contributi. Quindi non porta alcun aumento ai 900 miliardi che entrano, effettivamente, nelle casse pubbliche. Inoltre il suo valore, tenendo conto delle componenti, non può che essere incerto: è un valore di stima.

Allora, diventa discutibile se, nel determinare la pressione fiscale, si debba tener conto dell’economia sommersa il cui valore, come detto, è incerto e non porta alcun beneficio alle entrate fiscali. Infatti, alcuni studi sulla pressione fiscale (CGIA di MESTRE, Consiglio nazionale dei commercialisti ed esperti contabili Odcec, UNIMPRESA) tendono a calcolare la pressione fiscale togliendo dal PIL il valore dell’economia non osservata. Nel caso esposto, il valore del PIL si ridurrebbe a 1.900 miliardi.

Applicando dunque la formula detta prima per definire la pressione fiscale, se si divide 900 miliardi per 1.900 miliardi e si moltiplica il risultato per cento, la pressione fiscale sale al 47,4%, superiore di quasi 5 punti percentuali rispetto al valore di quella ufficiale. Il 47,4% indica la pressione fiscale effettiva/reale e, ahinoi, dimostra che chi paga tasse e contributi finisce anche di pagare per chi evade.

Approfondimenti in materia fanno inoltre notare che i cittadini pagano ben di più per tasse e contributi obbligatori non compresi nelle entrate dei 900 miliardi se si aggiungono quelle per la raccolta dei rifiuti, i ticket sanitari, i pedaggi autostradali, i servizi postali, ecc., cioè tutti quegli esborsi che, quotidianamente, il cittadino è obbligato a pagare in base a qualche norma di legge. Concludono che, se si tenesse conto di tutto, la pressione fiscale reale potrebbe arrivare fino al 50% del reddito.

Dunque, la pressione fiscale ha una doppia faccia a seconda di quali fattori si usano per determinarla e se chi la cita ha interesse a sottolineare il minore (di norma, lo cita chi governa per far vedere che le tasse che impone sono contenute) o il maggiore valore. È facile comprendere che il maggiore significa che su un reddito di 100 euro, 50 euro vengono prelevati, in un modo o nell’altro, da Stato ed Enti pubblici.

Inflazione: valore fissato dall’ISTAT e inflazione percepita

Come ricordato, l’ISTAT ha appena reso noto che il valore attuale dell’inflazione è dell’1,1%.

Noto Sondaggi s.r.l., Istituto demoscopico che opera nelle aree della ricerca economica e sociale, dei sondaggi di opinione e della comunicazione, ha condotto, per conto de Il Sole24 Ore, nel mese di aprile 2025 e su un campione di 2.000 intervistati, un’indagine sull’inflazione percepita, cioè la sensazione che il consumatore ha riguardo all’aumento dei prezzi dei beni e servizi che acquista quotidianamente. In buona sostanza, l’inflazione percepita è quella che guarda al “carrello della spesa” e valuta le differenze di costo tra un acquisto e l’altro. È quella effettiva e reale, il “carovita”.

È risultato che l’inflazione percepita in Italia è del 9,9 %, quindi 8,8 punti percentuali in più rispetto a quella ufficiale. Ecco perché un italiano su due ha ridotto i propri consumi negli ultimi sei mesi, e il 61% degli italiani ritiene che il proprio stipendio o pensione non siano adeguati a far fronte al costo della vita. Inoltre, due persone su tre pensano che dazi e guerre facciano ancora aumentare il carovita.

Dunque, anche l’inflazione è un valore economico a doppia faccia.

Concludendo, si può dire che i dati che vengono ufficializzati e diffusi da parte di chi governa vanno sempre presi comunque con riserva poiché possono avere valori diversi a seconda delle regole che si seguono per determinarli.

Carlo Manacorda * Economista ed esperto di bilanci pubblici

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