Per una coincidenza del tutto casuale, due fatti di natura economica totalmente diversa accadono contemporaneamente e sono indicati con il medesimo aggettivo.
Sono pubblicati i dati sull’economia sommersa. Dà luogo a un’evasione fiscale, quindi a minori entrate per il Bilancio dello Stato, di 90 miliardi di euro.
Spunta l’ipotesi di tassare l’oro sommerso, quello cioè che appartiene ai cittadini, ma che loro tengono nascosto. Portare alla luce l’oro sommerso per tassarlo genera (se va bene) entrate per il Bilancio dello Stato di un paio di miliardi.
Eppure il Governo valuta il secondo e ignora la prima. Frattanto, la Commissione Europea boccia la politica economica del Governo.
Economia sommersa ed evasione fiscale
Pochi giorni fa, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato la “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva - Anno 2025”. La Relazione riporta dati relativi al 2022, ultimo anno in cui sono completi.
L’economia sommersa cioè quella che sfugge a tutti i controlli, Fisco per primo riguarda il lavoro in nero, le vendite senza fattura, gli affitti senza contratto, il commercio di stupefacenti e, financo, i redditi (stimati) della prostituzione. Nel 2022, vale 182,6 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 165,5 miliardi del 2021.
Poiché questa economia si sviluppa fuori da tutte le regole sulle tasse, crea un’evasione fiscale di 90 miliardi di euro. Unita a quella contributiva, l’evasione sale a oltre 100 miliardi.
Oro sommerso
Per far quadrare i conti della Manovra di bilancio 2026, il Governo va a caccia di un paio di miliardi. Insieme ad altre scelte, pensa ad un espediente: facciamo emergere l’oro sommerso che i cittadini posseggono in lingotti e monete auree e lo tassiamo. Ovviamente, nessuno sa quanto ce ne sia. Si fa un’ipotesi. Si stima che la quantità ammonti a 4.500 / 5.000 tonnellate.
Ecco il meccanismo studiato. Negli ultimi tempi, l’oro si è rivalutato molto. Quindi chi l’ha comprato in passato (magari anche in nero) ha avuto un guadagno, una plusvalenza. I possessori di quest’oro lo dicano al Governo, e il Governo appioppa loro una tassa sul guadagno del 12,5 / 13% (ancora da decidere) anziché del 26% sull’intero valore dell’oro in caso di vendita. Se lo venderanno in futuro, pagheranno la tassa del 26%, ma soltanto sulla differenza tra il prezzo rivalutato ad oggi, e tassato al 12,5 / 13%, e quello che risulterà al momento della vendita. Se non vendono, non pagano alcuna tassa.
Due sommersi a confronto
L’evasione fiscale che deriva dall’economia sommersa è come detto prima di 90 miliardi. Con un po’ di buona volontà, i due miliardi mancanti per far quadrare la Manovra 2026 potrebbero saltare fuori di lì. E per non dire che, su un bilancio dello Stato che movimenta oltre 1.200 miliardi annui, basterebbe qualche sforbiciata su sprechi o consulenze per trovare i due miliardi. Ma no. Entrambe queste scelte sono impegnative. La seconda potrebbe anche intaccare sistemi consolidati e rendite di posizione, tutte situazioni che non si possono toccare.
Tassando l’oro sommerso, si va sul liscio. Si ipotizza che la tassazione agevolata farebbe emergere almeno un 10% delle suddette tonnellate. E così lo Stato prende i classici due piccioni con una fava: raccoglie subito quattrini e caccia il naso nelle cassette di sicurezza dei cittadini e, soprattutto, nella loro ricchezza.
Ma ci sarà questo 10% della quantità di oro posseduta dai cittadini che emergerà? Sarà interessante vedere quanti cittadini aderiranno all’invito governativo e, quindi, quali entrate ci saranno per il Bilancio dello Stato. E poi chi, in sistemi economici in continuo fermento, e se non in stato di necessità, è disposto a pagare oggi una tassa certa sperando in una tassa minore in futuro? Chi assicura che il prezzo dell’oro sarà sempre in crescita? Se diminuisse, si aggiungerebbe il danno alle beffe: aver pagato una tassa in più, e aver reso nota una parte della propria ricchezza al Fisco, sempre desideroso di colpire dove può.
Un concomitante giudizio non gradito
La tassa sull’oro sommerso allunga la colorita coperta per raggiungere i 18,8 miliardi di euro della Manovra di bilancio 2026, coperta fatta di condoni fiscali, rottamazione di cartelle esattoriali, oscillazioni sull’età pensionistica, aumenti delle tasse sulle sigarette e via cantando.
II 17 novembre, la Commissione Europea ha diffuso le valutazioni sulla crescita economica dell’Unione Europea (UE) per il triennio 2025-2027. Nella UE, ci sarà una crescita della ricchezza (Prodotto Interno Lordo – PIL) che passerà dall’1,4% nel 2025 e 2026 all’1,5% nel 2027.
Senza spese per investimenti e innovazione, l’Italia non crea ricchezza. Con un aumento dello 0,4% del PIL , tra i 27 Paesi dell’UE l’Italia è collocata, nel 2025, al terzultimo posto, solo prima di Finlandia (+0,1%) e Germania (+0,2%). Nel 2026, con l’aumento dello 0,8%, sarà penultima, davanti alla sola Irlanda. Nel 2027, ancora con lo 0,8%, sarà il fanalino di coda e chiuderà la classifica, dietro la Francia (1,1%) e la Germania (1,2% come Austria e Finlandia).
Per quanto concerne il debito pubblico, la Commissione prevede per l’Italia nel 2025 una crescita del rapporto tra debito pubblico e PIL al 136,4 %, nel 2026 al 137,9%, e al 137,2% nel 2027. Quindi, l’Italia continuerà a far debito già oggi di 3.080,9 miliardi.
Questo è il quadro tracciato da Bruxelles. Per creare ricchezza, occorre forse cambiare i criteri di politica economica. Bonus ed espedienti vari rispondono a logiche che non producono ricchezza.



