lineaitaliapiemonte.it - 16 luglio 2025, 09:59

Dazi, per la Cgia di Mestre l'Italia rischia di perdere 35 miliardi di euro

I prodotti più esportati negli USA dal Piemonte sono macchine di impiego generale, autoveicoli e bevande. Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino: «non è il momento di inseguire Trump sul suo terreno ma di rilanciare i nostri sistemi produttivi con forti e pesanti investimenti da parte dell'Europa»

Dazi, per la Cgia di Mestre l'Italia rischia di perdere 35 miliardi di euro

TORINO - «La vera forza dell’Europa non si misura sul terreno della ritorsione commerciale, ma nella capacità di fare sistema, investire con decisione sui propri comparti produttivi, e valorizzare l’industria di qualità che ci rende unici nel mondo». Per il presidente di Confartigianato Torino, Dino De Santis occorre rilanciare un piano straordinario di investimenti europei per rafforzare la manifattura, l'artigianato evoluto e l'industria di trasformazione che si fondano su competenze, innovazione e capacità di generare valore.

Una misura, quella dei dazi doganali che, secondo una stima dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre, potrebbe tradursi in un impatto economico pari a circa 35 miliardi di euro l'anno per l'Italia. Se già dazi del 10% sono costati 3,5 miliardi e quelli al 20% potrebbero generare un danno fino a 12 miliardi, l'ulteriore salto al 30% comporterebbe un effetto esponenziale.

A livello provinciale, il cuore dell'export italiano negli Usa batte tra Milano (6,35 miliardi), Firenze (6,17), Modena (3,1), Bologna (2,6) e Torino (2,5): insieme generano quasi un terzo del valore complessivo delle esportazioni verso gli Stati Uniti.

I settori più colpiti

In testa ci sono farmaceutica, automotive, macchinari, raffinazione del petrolio, moda, occhialeria, mobili e naturalmente l'agroalimentare. Il 30% di dazio sul vino, se venisse confermato, sarebbe  un blocco per l'80% del vino italiano.

Inoltre, i prodotti simbolo del Made in Italy subirebbero un drastico incremento delle tariffe: 45% per i formaggi, 35% per i vini, 42% per il pomodoro trasformato, 36% per la pasta farcita e 42% per marmellate e confetture. Per il Grana Padano, il dazio potrebbe arrivare a 10 dollari/chilogrammo, con prezzi finali negli Usa superiori ai 50 dollari/chilogrammo. A soffrire maggiormente saranno le 44mila imprese italiane che esportano negli Usa, in particolare le piccole e microimprese.

Usa, mercato strategico 

Il mercato americano resta per il Made in Italy una destinazione strategica: nei dodici mesi a fine aprile 2025 le esportazioni italiane verso gli USA valgono 66,6 miliardi di euro.

Tuttavia, proprio i settori più legati alle micro e piccole imprese stanno già registrando segnali di debolezza: nel primo quadrimestre 2025 l’export verso gli USA cresce dell’8,2%, ma il dato è drogato dal boom del settore farmaceutico (+74,5%), mentre nei restanti comparti manifatturieri la flessione è del -2,6%.

I dazi peseranno sull’export diretto negli Stati Uniti, ma non solo: si genererà anche un effetto indiretto dato da una minore domanda di paesi che esportano prodotti negli Stati Uniti che utilizzano come input semilavorati e macchinari prodotti in Italia.

Sulla competitività del Made in Italy pesa inoltre il deprezzamento del dollaro rispetto all’euro, che tra gennaio e giugno 2025 ha segnato un -11,2%. Un’ulteriore zavorra per le esportazioni che, con l’aggiunta dei dazi, rischiano di indebolire in modo strutturale la nostra presenza negli USA.

Diversificare e innovare

«A questo scenario già complicato si somma la fragilità energetica del continente per questo la cessazione immediata della guerra in Ucraina è un’urgenza strategica: non solo per la pace, ma per ricostruire un asse economico con l’Est Europa che restituisca all’Europa risorse energetiche accessibili e sicurezza di approvvigionamento».

«Come categoria – conclude De Santis - abbiamo bisogno strumenti per la diversificazione dei mercati, incentivi all’innovazione e investimenti infrastrutturali ed energetici che rafforzino la resilienza del nostro sistema produttivo. I nostri imprenditori artigiani hanno dimostrato di saper affrontare le sfide globali con qualità, flessibilità e radicamento nei territori. Ora serve una visione strategica che le accompagni e le tuteli in questa nuova fase di incertezza”.

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