lineaitaliapiemonte.it - 20 febbraio 2023, 15:05

C'era una volta l'Italia felice del boom economico

Gli sherpa della propaganda dicono che il divieto di costruzione delle auto termiche nel 2035 se da una parte comporterà la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’industria meccanica della componentistica, dall’altra creerà opportunità di lavoro per le aziende dell’industria elettrica, in particolare della produzione di batterie, assorbendo e recuperando i posti di lavoro persi. Mentono spudoratamente. I costruttori europei erano sinora riusciti a mantenere il primato nell’industria automobilistica perché sapevano costruire meglio degli altri competitori i motori endotermici a combustione. La tecnologia per costruire questi motori è tuttavia fondamentalmente artigianale: l’eccellenza deriva dall’estro creativo dei tecnici progettisti e dal rigore e precisione degli operai nella lavorazione dei materiali. Sono queste le qualità che hanno contraddistinto ingegneri e lavoratori italiani, francesi e tedeschi, nelle quali sono ancora insuperati maestri. Gli americani non sono mai stati in grado di costruire motori termici competitivi con la qualità europea e persino i cinesi, malgrado abbiano dilagato dappertutto, sono praticamente assenti dal mercato europeo dell’ automotive. Però nella costruzione della batteria, il cuore dell’auto elettrica, gli asiatici sono i dominatori assoluti e inevitabilmente diventeranno dominatori anche nella produzione delle stesse autovetture che montano le loro batterie, surclassando gli ingenui e presuntuosi marchi europei, abbagliati dal fiume di denaro dei contribuenti che la Von Der Leyen distribuisce come incentivi al business dell’elettrico (tolgono ai poveri per dare ai ricchi). E visto che malgrado gli incentivi e le ricorrenti limitazioni alla costruzione delle auto costruite dai lavoratori europei il mercato dell'elettrico non è riuscito a decollare, la lobby di questo business ha fatto approvare al Parlamento europeo il divieto della vendita di auto termiche nel 2035 in modo da obbligare, in forza di legge, ad acquistare le non competitive auto elettriche che saranno almeno per la metà del loro valore prodotte in Cina. Questa è roba da stato sovietico, che va contro i diritti delle persone e gli interessi delle nazioni che devono difendere le loro industrie perché danno lavoro e benessere. Il provvedimento è passato con una maggioranza risicata. Alle elezioni europee del 2024 è necessario che i partiti foraggiati dal business dell’elettrico siano puniti dagli elettori, altrimenti scomparirà definitivamente l’industria dell’automobile che ha guidato il boom economico del dopoguerra e che trasformò l'Italia in una nazione ricca e prosperosa

C'era una volta l'Italia felice del boom economico

Prima di tutto cerchiamo di spiegare perché l’industria europea non sarà mai competitiva con quella asiatica. La batteria elettrica è un impianto elettrochimico dove la scienza dei materiali ha un ruolo fondamentale. Difatti gli elettrodi sono costituiti da leghe di metalli estremamente complesse, in continua evoluzione, allo scopo di aumentare la densità di corrente erogata e i tempi di vita. Fra le lithium ion battery, ricordiamo alcuni tipi di elettrodi sviluppati negli ultimi anni: Lithium Cobalt Oxide (LiCoO2), Lithium Nickel Oxide (LiNiO2), Lithium Iron Phosphate (LiFePO4)

Poi vi sono le soluzioni elettrolitiche nelle quali sono immersi gli elettrodi e le membrane di separazione. Qui si ha a che fare con la chimica e questo vuol dire impiego di enormi risorse in ricerca e sviluppo con migliaia di ricercatori. E’ già da una trentina d’anni che i giganti asiatici dell’elettronica e dell’ elettrochimica hanno sviluppato e ottimizzato la tecnologia delle batterie e ne sono gli assoluti produttori. Ed è impossibile che gli europei possano in futuro essere competitivi con gli asiatici cominciando da zero.

Inoltre, come noto, gran parte delle miniere di litio e delle industrie di trasformazione del minerale in litio metallico sono cadute nelle accorte e lungimiranti mani del governo cinese.

E poiché gli europei non sono in grado di sviluppare una tecnologia di costruzione di batterie, che già di per sé costituiscono almeno il 50% del valore commerciale dell’autoveicolo, a quel punto è inevitabile cha saranno le marche cinesi a essere protagoniste assolute del mercato.

Abbiamo un esempio eclatante con la nuova BYD Seagull una utilitaria cinese che la BYD Auto immetterà sul mercato italiano nei prossimi mesi ad un prezzo intorno a 15.000 euro (e con gli incentivi presi dalle tasche dei lavoratori sarà dimezzato ….). La BYD Auto è una filiale del colosso BYD Co Ltd fondata nel 2003 e la casa madre è nata nel 1995 cominciando a produrre batterie. Fra i suoi clienti c’erano produttori di telefonini Nokia, Motorola e Siemens

Basta girarsi indietro e vedere come è andata a finire con televisori, computer, condizionatori, lavatrici e tutto il manifatturiero tecnologico: in gran parte tutti costruiti in Asia, soprattutto Cina. D’altra parte, se perfino la stessa Apple fa assemblare in Cina un oggetto estremamente sofisticato come lo smartphone, non è difficile immaginare che in futuro che le auto elettriche di fascia medio-bassa saranno prodotte in Cina, sia per i marchi locali, sia per i marchi occidentali, come la Tesla, che gran parte della sua produzione che esporta in occidente è fatta in Cina. Se non si pone un freno a questa follia, le marche europee dovranno accontentarsi di produrre le macchine di lusso per gli arricchiti dalla green economy.

Bisogna infatti considerare, oltre alla tecnologia, anche la capacità manifatturiera, nella quale ovviamente i cinesi sono insuperabili perché uniscono l’efficienza con i bassi costi. L’auto elettrica si assembla in modo automatizzato e ripetitivo, senza le complessità operative dell’installazione del motore termico e dei sistemimi di lubrificazione e riscaldamento. I componenti sono tutti costruiti in Cina o nelle nazioni vicine e allora, che senso avrebbe andare a costruire altrove le auto quando la tecnologia e la capacità manifatturiera è in Cina?

Alcune cifre per dare un’idea dell’entità del disastro che si annuncia. Secondo l’ANFIA, nel 2021 le 2.202 imprese che compongono la componentistica automotive italiana hanno dato lavoro a oltre 168.000 addetti e generato un fatturato stimato pari a 54,3 miliardi di euro. La maggior parte di queste aziende sono specializzate nella componentistica specifica per motori a combustione e la loro riconversione ad altre attività è impossibile: chi costruiva pistoni per auto non può mettersi a fare anodi per batterie al litio.

C’è inoltre la filiera dell’ Aftermarket, cioè le imprese che coprono tutti i passaggi necessari affinché un ricambio raggiunga il consumatore finale: aziende che si occupano della produzione dei ricambi auto, aziende di distribuzione dei ricambi appena usciti dalla fabbrica, ricambisti il cui compito è vendere i ricambi alle officine le quali si occupano della manutenzione ordinaria e straordinaria della vettura.

Per dare un’idea della vastità della prateria in cui operano le imprese della ricambistica e riparazione, dobbiamo tenere presente che, secondo i dati pubblicati da ACI, al 31 dicembre 2021 risultavano iscritti al PRA quasi 45 milioni di autoveicoli dei quali 39,8 milioni sono autovetture. Per il riparatore non importa che l’autovettura da riparare sia italiana o giapponese, l’importante è che abbia il motore termico. Se qualcuno crede che il nostro meccanico di fiducia possa un domani riconvertirsi a riparare un piccolo impianto elettrochimico, quale è, come abbiamo visto una una batteria, quel qualcuno è completamente avulso dalla realtà oppure, più prosaicamente, in malafede.

Giuseppe Chiaradia, ingegnere chimico

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