Economia allo specchio | 03 febbraio 2022, 08:17

“Tutto va bene, madama la marchesa”? La verità dei conti pubblici non è nelle parole ma nei numeri. Di Carlo Manacorda*

Chi governa assicura che nell’economia pubblica non ci sono problemi benché sappia perfettamente che non è così; i mezzi d'informazione ne danno notizia e i parlamentari restano indifferenti pensando che la questione competa al governo. Poi ci sono i cittadini che, con tutte le difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena, non sono per nulla convinti che tutto vada bene. E infatti, al di là delle mirabolanti dichiarazioni, i numeri raccontano un'economia molto più fragile e svelano una narrazione piuttosto fumosa che va dal sempre citato PNRR al ridimensionato superbonus 110%

“Tutto va bene, madama la marchesa”? La verità dei conti pubblici non è nelle parole ma nei numeri. Di Carlo Manacorda*

Oggi, come in passato, la narrazione sui conti pubblici del nostro Paese da parte di chi governa è sempre la medesima: “tutto va bene, madama la marchesa”. Per riunire, in poche parole, le varie dichiarazioni sul tema, siamo ricorsi a questa ironica espressione, nata in una canzone francese del 1934 (la nobile chiede informazioni ad un collaboratore su un suo castello; egli, benché sappia che il castello è andato a fuoco e per di più in seguito ad un suicidio, e che sono avvenuti altri disastri, la rassicura che è tutto a posto). In buona sostanza, chi governa garantisce costantemente che, nell’economia pubblica, non ci sono problemi, benché sappia perfettamente che non è questa la situazione.

Dicono i governanti: “faremo una lotta durissima all’evasione fiscale; e così acchiapperemo buona parte dei 100 miliardi delle tasse evase”; “ridurremo le spese correnti, cioè quelle che non generano ricchezza, per avere più risorse per spese d’investimento, quelle cioè che favoriscono la crescita, l’occupazione, ecc.”; “diminuiremo il debito pubblico”, e via cantando. Pur concedendo che queste affermazioni siano fatte per dare risposta alle attese (o proteste) dei cittadini, per non creare panico sulla tenuta dei conti pubblici (ad esempio, continueranno a pagarci la pensione?) ma, soprattutto, per aumentare la reputazione della loro amministrazione, siamo sempre in presenza di parole.

Incidentalmente, occorre dire che questi roboanti proclami non generano, di massima, reazioni particolari. I mezzi d’informazione ― com’è loro mestiere ― ne danno notizia. I parlamentari ― che dovrebbero essere i sostenitori e i controllori di queste politiche ― restano indifferenti, pensando che la loro realizzazione competa, esclusivamente, al Governo. Sono anzi loro i maggiori produttori di spese correnti (reddito di cittadinanza, bonus monopattini, rubinetti, televisori, casa, ecc.) ritenendo che siano utili per accrescere il consenso elettorale nei loro confronti.

Diverse le reazioni dei cittadini. Qualcuno ci crede. La maggior parte però non s’illude. Per esperienza, sanno che sono parole al vento. E poi ci sono i cittadini che, rimasti privi di ogni reddito (particolarmente in questi tempi) e con tutte le difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena, non sono per nulla convinti che tutto vada bene. E altrettanto pensano i giovani senza lavoro, gli studenti che vivono le quotidiane precarietà della scuola di ogni livello, e tante altre categorie di persone in difficoltà.

Tuttavia, se passiamo dalle parole ai numeri, compare un quadro diverso. Quanto meno, non sembra confermare i mirabolanti annunci fatti dai governanti. Lotta all’evasione fiscale. I dati sono contenuti nel documento del Governo di settembre 2021: “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – Aggiornamento per gli anni 2014-2019“ (Aggiornamento_relazione_9dic2021 rev Santoro (mef.gov.it). Si viene a sapere che, nei sei anni considerati, l’evasione fiscale e contributiva è diminuita di 10 miliardi, cioè poco più di 1 miliardo e mezzo all’anno. Conclusione. Se questi ritmi resteranno costanti nel tempo, ci vorranno circa 67 anni per recuperare i 100 miliardi di evasione.

Spese correnti. Nel bilancio dello Stato per il 2022, aumentano di 30 miliardi. Pesano, tra l’altro, l’aumento delle retribuzioni dei dipendenti statali (1 miliardo) e l’incremento delle spese sociali (pensioni, sostegni alle famiglie, ecc.). Non si colgono segnali di tagli alle spese correnti (la famosa spending review), altra bandiera (a parole) di tanti Governi del passato. Se poi si escludono le attese per investimenti derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e pur dando atto degli aiuti concessi alle imprese per favorirne la ripresa, l’aumento delle spese per investimenti pubblici nel 2022 è assai modesto (2,6 miliardi). V. Nota tecnico-illustrativa al disegno di legge di bilancio 2022-2024 (mef.gov.it).

Diminuzione del debito pubblico. Anche a questo proposito, sorgono perplessità. Il “Bollettino Economico “della Banca d’Italia n.1/2022

(https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-economico/2022-1/boleco-1-2022.pdf)

informa che il debito pubblico è aumentato, da gennaio a novembre 2021, di 87 miliardi. Non si vede quindi una tendenza alla diminuzione. Anzi in tema, nel già richiamato bilancio dello Stato del 2022, si leggono segnali opposti. Si farà ricorso al debito per 554,4 miliardi (la metà del totale del bilancio). Questa somma serve per rimborsare debiti vecchi (277,3 miliardi). La differenza (altri 277,1 miliardi) serve per pagare le maggiori spese non coperte dalle entrate. Tutto questo movimento costerà allo Stato per interessi oltre 72 miliardi. I numeri non sembrano dunque confermare chetutto va bene, madama la marchesa”.

Per rendere un po’ più fumoso il quadro dell’economia del Paese, chi governa ricorre ad altre parole. Si enunciano percentuali di crescita del Prodotto interno lordo (verificabili solo a consuntivo). Sarebbe interessante che si spiegassero quali sono i fattori che determinano queste percentuali. Inoltre, qual è l’incidenza in esse del settore privato e di quello pubblico. I dati economici pubblici che si conoscono rendono sfuggente la seconda. Parlando di economia pubblica, ora viene bene citare sempre il PNRR quasi fosse la panacea per curare tutti i mali finanziari del Paese. Ma qui non si deve dimenticare che, per avere dall’Europa tutti i 191,5 miliardi, occorre realizzare i progetti e non soltanto averli scritti sulla carta. Il Governo Draghi che si sta reinsediando dopo l’elezione del Presidente della Repubblica ne è ben consapevole.

Le parole avevano anche creato l’illusione che, attraverso il superbonus 110%, lo Stato avrebbe regalato a tutti i proprietari di alloggio l’intera ristrutturazione del loro immobile. Constatando l’impossibilità per le finanze pubbliche di sostenere quest’onere, con il bilancio dello Stato 2022 (guardiamo di nuovo ai numeri) s’è fatta marcia indietro. Il regalo del 110% varrà ancora fino al 2025 ma soltanto per le spese sostenute fino al dicembre 2023, mentre si ridurrà al 70% per quelle sostenute nel 2024 e al 65% per quelle sostenute nel 2025.

*Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici