I cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Alluvioni, scioglimento dei ghiacciai, cicloni tropicali che investono l'Europa, tornado in Sicilia, sono tutti eventi che fino a pochi anni fa erano rarissimi e oggi si ripetono con frequenza sempre più rapida.
Il pensiero comune pare aver individuato il colpevole: i gas serra come la Co2 sono i responsabili del riscaldamento globale che provoca lo sconvolgimento climatico sul pianeta.
La stessa scienza sembra perorare questa tesi sulla spinta di un populismo mondiale compattatosi attorno al fenomeno Greta e a chi ne tira le fila.
Secondo la nuova filosofia, il cambiamento climatico é colpa dell'attività umana e di un progresso indifferente agli inquinanti dispersi nell'aria ed in particolare alla CO2 che é residuo di tutte le produzioni industriali.
Per salvare il pianeta dunque, l'uomo deve cambiare il suo stile di vita, abbandonare tutte o quasi le attuali tecniche produttive e convertirsi a nuove filosofie di progresso adottando tecnologie a bassa emissione, in gran parte non ancora disponibili.
In questo modo si riporterà l'equilibrio climatico sul pianeta.
Detto cosí fa ridere, ma se si pensa che tale tesi é stata alla base delle decisioni nel convegno Cop26 tra le maggiori economie del mondo, allora vien da piangere, altro che da ridere.
La questione merita comunque un approfondimento.
Tutto il presupposto del ragionamento parte dalla relazione di proporzionalità tra il progresso tecnologico e produttivo degli ultimi 50 anni, e la produzione/concentrazione di CO2 nell'atmosfera.
In pratica, più aumenta l'industrializzazione e la produzione di beni, più si immette CO2 nell'ambiente aumentando l'effetto serra responsabile del cambiamento climatico.
Ma é davvero cosí?
L'attività umana può veramente incidere sulle forze che regolano il clima sul pianeta nella sua globalità?
E sopratutto, puó farlo in modo cosí rilevante da provocarne i cambiamenti repentini registrati ai giorni nostri?
Dare una risposta a queste domande senza essere tecnici é davvero difficile, ma si può comunque fare un ragionamento su basi analitiche.
Negli ultimi 50 anni la produzione industriale é aumentata di molto, di pari passo con la crescita economica del terzo mondo e delle economie emergenti.
Per avere un'idea dell'entità di questo aumento, ci dobbiamo riferire ad un elemento che con esso é direttamente correlato, ovvero il consumo di energia globale, sia esso da rinnovabili, o da nucleare, o da combustibili fossili.
Questo dato é disponibile in Internet, e mostra che in 50 anni il consumo mondiale di energia si é triplicato.
Per il teorema di cui sopra, dovrebbe essere triplicata anche la produzione di CO2 "umana" riversata nell'atmosfera, diretta conseguenza dei processi produttivi dell'uomo.
Ma é davvero così?
Sembrerebbe proprio di sì. L'andamento delle emissioni di CO2 negli ultimi 50 anni, mostra infatti un incremento su scala planetaria di 2,2 volte, perfettamente compatibile con l'incremento del consumo energetico.
Se davvero c'é correlazione tra i cambiamenti climatici e la CO2 prodotta dall'uomo (diamo per scontato che ci sia anche se permangono fortissimi dubbi), questo dato dà ragione ai Gretini e certifica l'emergenza, anche perché pare che, dall'analisi dei carotaggi eseguiti sui ghiacci polari, la CO2 abbia raggiunto un livello record negli ultimi 800.000 anni di vita del pianeta (fonte Focus).
Il problema, quindi, toccherebbe tutti, ma a generarlo non sono proprio tutti.
Se infatti analizziamo i dati di produzione della CO2 splittati per macroaree produttive scopriamo che i veri responsabili dell'incremento dei gas serra negli ultimi 50 anni sono stati: Cina, India ed economie emergenti, raggruppate nella categoria "resto del mondo" (gruppo nel quale in verità c'é anche il Giappone che non ha peró contribuito alla crescita perché ha un trend in deciso contenimento). Scopriamo anche che Russia, UE, USA (e Giappone) oggi producono, più o meno, la stessa quantitá di CO2 che producevano nel 1970, peraltro con un discreto contenimento registrato negli ultimi 5 anni.
Nell'analisi dei dati si nota anche che un forte contributo all'aumento di CO2 nell'atmosfera é dato dal trasporto aereo e dalle spedizioni marittime internazionali, con trend in costante crescita negli ultimi 30 anni.
Insomma, ad un esame analitico emerge in modo incontrovertibile che non sono i paesi europei a causare l'aumento della CO2, e i cambiamenti climatici ad esso correlati. Al contrario, in Europa, come pure negli USA e in Giappone, negli ultimi 10 anni, ci si é adoperati per ridurre le emissioni, e anche con risultati apprezzabili. Perfino la Russia ha indici in lieve calo.
Il problema vero é in India, in Indonesia, in Brasile, e sopratutto in Cina, paesi nei quali non é in atto alcun contenimento e le emissioni si incrementano vertiginosamente ogni anno.
Sono peró paesi in cui, il movimento Gretino si guarda bene dal mettere piede e questa é la vera differenza.
Tagliare le emissioni costa, sia in termini economici, che di produttività, e appare davvero ridicolo che al G7 e alla successiva Cop26 abbiano deciso per un taglio lineare peraltro non vincolante.
Anche un idiota capisce che se imponi un taglio a chi già taglia da 10 anni chiedi uno sforzo epocale, mentre se lo stesso taglio (neppure vincolante) lo chiedi a chi se ne é sempre sbattuto inquinando a più non posso, gli fai solletico, e poiché é un tuo competitor industriale, alla fine gli fai un grosso favore.
Sopratutto però, l'entità del taglio deliberato è tale da far solletico al pianeta e non può in nessun modo invertire il trend climatico in atto, posto che sia possibile farlo.
La demenzialità di tutto il ragionamento alla base delle conferenze mondiali sul clima é perfettamente riassunta dalle conclusioni, che sono perfino arrivate ad imputare alle deiezioni degli animali dei nostri allevamenti, la colpa dell'aumento incontrollato della CO2 nell'atmosfera, sollecitando (e finanziando) le soluzioni più fantasiose per contenerle, quasi come se se per l'ambiente fosse più pericolosa la scoreggia di una mucca a Codogno, delle ciminiere di una gigafactory con 10.000 dipendenti a Shen Zhen.
Chiunque abbia vissuto in pianura padana dagli anni '70 non puó non ammettere che anche se permane fortemente inquinata, la qualità dell'aria é migliorata tantissimo, specie nelle grandi città industriali. Si potrebbe fare di più? Certamente si, e ben vengano soluzioni che apportino ulteriori miglioramenti.
Allo stesso modo, chiunque sia stato nei grandi capoluoghi e nei distretti industriali della Cina, o dell'India, avrà certamente fatto i conti con un'aria letteralmente irrespirabile, perfino per chi é abituato alla nostra pianura padana. Questo dovrebbe dare la giusta dimensione di quanto il problema dell'inquinamento atmosferico sia percepito in Cina. Per dirla alla romana: nun gliene pò fregà de meno. Figuratevi se gli frega qualcosa della CO2, che peraltro, essendo un gas normalmente presente in natura non é neppure da considerarsi un inquinante.
L'ultima chiosa la riserviamo alla situazione italiana.
L'andamento del consumo di energia elettrica nel nostro paese negli ultimi 50 anni, elemento direttamente correlato ai fattori produttivi, mostra in modo chiaro che dal 2007 al 2019 il consumo di energia elettrica si é ridotto del 10%, in netta controtendenza con gli indici mondiali ed europei, segnale evidente del declino dell'Italia, che giova ricordarlo, é il secondo paese manifatturiero della UE.
Nubi nerissime si addensano all'orizzonte.