Editoriali - 16 novembre 2021, 10:05

Perchè i sanitari hanno bisogno dell'obbligo alla terza dose?

Secondo i dati riportati dai maggiori media, la maggior parte dei sanitari non si è ancora sottoposta alla terza dose tanto che il governo sta valutando di renderla obbligatoria. Ma se gli stessi medici non sono convinti, come si pensa che venga accettata di buon grado dal resto della popolazione? E perchè una parte così numerosa di sanitari non accetta di farla? Le domande che, inspiegabilmente, i giornalisti non pongono

Perchè i sanitari hanno bisogno dell'obbligo alla terza dose?

I giornaloni solitamente bene informati ci riferiscono che “per proteggere” gli ospedali probabilmente il governo imporrà l’obbligo della terza dose per sanitari, visto che sinora solo un terzo dei sanitari ha accettato di farsi iniettare nuovamente il vaccino. E’ comprensibile che il giornalista sia uno che tiene famiglia e debba comunque adattarsi ai desiderata del datore di lavoro, però possibile che, a fronte del dato di sanitari vaccinati solo al 30% con la terza dose e considerato che la categoria è stata la prima a vaccinarsi, non sia passata per la testa la seguente domanda: perchè la stragrande maggioranza di medici e infermieri rifiuta la terza dose? Non sono proprio quelle persone imbevute di scienza medica che curano i malati, dai quali possono essere contagiati e che possono contagiare a loro volta, che dovrebbero accorrere in massa a farsi rifare l'iniezione? Se addirittura, vista la scarsa adesione, si deve ricorre all’obbligo per “proteggere gli ospedali” dal gran rifiuto dei sanitari, evidentemente questa riluttanza può essere spiegata in un solo modo: per costoro i vaccini attuali sono inutili o, peggio, anche dannosi. Sia chiaro: non è un giudizio, perchè non intendiamo affatto entrare nel merito, ma una logica conseguenza dell'osservazione di cui sopra.

A gennaio 2021, quando medici e infermieri furono fra primi ad essere vaccinati, solo una sparuta minoranza di essi rifiutarono il trattamento e per essi venne imposto l’obbligo, pena sospensione o licenziamento. Oggi invece la situazione è ribaltata, una nutrita schiera di medici e infermieri, sembrerebbe la maggior parte, non si è ancora sottoposto al cosiddetto “booster”, malgrado gli accorati appelli quotidiani di ministri, virologi accuratamente selezionati e giornaloni.

La questione non è scevra da conseguenze: una cosa è il portuale “macho” che non vuole farsi iniettare, un’altra cosa è lo studioso di medicina che opera negli ospedali a contatto coi malati, che rifiuta il richiamo. In tutti questi mesi ha avuto esperienza diretta sul campo, e non filtrata dalle veline governative, sull’efficacia e sulle conseguenze dei vaccini. Anche se non operavano direttamente nei reparti, c’era comunque il passa-parola.

Evidentemente sono circolate informazioni che stanno facendo desistere buona parte dei sanitari dal ricorrere alla dose aggiuntiva e sopratutto è cresciuta col tempo la consapevolezza di un vaccino che non svolgeva quello che è il suo compito fondamentale e unico: immunizzare la persona e di conseguenza fermare la catena dei contagi portando alla progressiva scomparsa del virus da questo mondo, come accaduto col vaiolo, il morbillo e la poliomielite.

I dati statistici, accettati dalle stesse case farmaceutiche, parlano chiaro: a capacità immunizzante già dopo pochi mesi scende ad un valore inferiore al 50% per arrivare ad annullarsi nei mesi successivi. Qualcuno dirà, ma il 50% di capacità immunizzante è sempre meglio che niente. In realtà quel numero è un’indicazione probabilistica: se vi è una situazione che può portare al contagio, la probabilità di infettarsi è del 50%, ma nel corso della stessa stagione invernale vi possono essere più di una occasione di essere contagiati e se non ci si infetta alla prima occasione, è del tutto possibile che si sarà infettati a quella successiva.

Intuitivamente, facendo un esempio è come se uno facesse la roulette russa caricando il tamburo con la metà dei proiettili: questo significa che se lo sciagurato che preme il grilletto riesce a scamparla dopo il primo tentativo, è certo che la seconda o la terza volta sarà inesorabilmente colpito.

E infine rimane la questione principale, che tutti i medici conoscono già dai libri di scuola: i virus influenzali sono in grado di selezionarsi modificando continuamente le proteine di adesione alla cellula ospite in modo da ingannare il sistema immunitario. Pertanto un vaccino che poteva andare bene per la variante alfa perde la sua efficacia verso la variante Delta, e a maggior ragione verso la Delta Plus e per tutte le varianti che verranno dopo. Quindi a che serve farsi una ulteriore e rischiosa iniezione se il virus non è più quello di gennaio 2020 ? Queste dunque le domande che si vorrebbe porre ai sanitari “no vax terza dose”. E poi la domanda sulle domande: perchè i giornalisti, che riportano correttamente la notizia della bassa percentuale di sanitari vaccinati con la terza dose, non pongono, a sé stessi e ai loro lettori, la questione del perchè?







G.C.

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