Economia allo specchio | 08 novembre 2021, 00:06

Lo spread rialza la testa, perché? Di Carlo Manacorda*

Le rassicurazioni di Draghi sul fatto che l’economia dell’Italia va bene possono illudere i cittadini italiani, non quelli stranieri abituati a fare i conti sui fatti e non sulle belle parole.Fin tanto che cresceva la pandemia lo Stato italiano spendeva a piene mani per elargire ogni genere di benefici a cittadini e imprese. Non disponendo di risorse finanziarie proprie, copriva le maggiori e ingenti spese facendo debiti. La regressione della pandemia ha fatto però fatto scattare alcuni campanelli d’allarme: sono sorti dubbi sulla tenuta economica dell’Italia e lo spread è aumentato. Se ci fossero fatti e non solo parole probabilmente lo spread se ne starebbe tranquillo. Vediamo come funziona il meccanismo

Lo spread rialza la testa, perché? Di Carlo Manacorda*

Da qualche giorno, in Italia s’è ricominciato a parlare di spread. Da noi, questo termine suscita, immediatamente, qualche timore poiché fa pensare che qualcosa non vada bene nell’economia. È infatti sempre ben presente il quadro del 2011 quando, a causa dell’elevato livello dello spread, si diffuse la notizia ― non senza finalità anche politiche ― dell’ormai prossimo fallimento dell’economia del nostro Stato. Cogliendo questa situazione, l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, senza molte formalità, rimosse il Governo Berlusconi e lo sostituì con il Governo Monti. Oggi la situazione è diversa. I rischi non sono quelli fatti temere nel 2011. Ciò non toglie che il riaffacciarsi di una crescita dello spread meriti qualche riflessione. Facciamo, intanto, alcune premesse.

L’economia è un mondo che spesso si misura sulla base di indicatori, qualificati macroeconomici se riguardano settori ampi del sistema economico. Gli indicatori macroeconomici sono valori numerici ricavati da elaborazioni statistiche e matematiche. La cifra che li esprime indica una situazione o un andamento economico che riguardano un determinato soggetto (Stato, impresa). Sono indicatori macroeconomici: il Prodotto interno lordo – Pil, l’occupazione, l’inflazione, i consumi, ecc. Se l’indicatore è positivo, l’economia va bene; se è negativo, va male.

Lo spread è un indicatore macroeconomico. In generale, indica l’ampiezza/l’apertura (spread) tra due valori. In economia, indica la differenza di rendimento tra due titoli di Stato dello stesso tipo e durata, uno dei quali fa da riferimento. Per l’Italia, il riferimento è al bund tedesco, riferimento fatto in considerazione della solidità dell’economia della Germania. Se il divario tra titoli italiani e titoli tedeschi è stabile, si può dire che l’economia italiana stia bene. Se il divario cresce, l’economia nostrana dà segnali di scricchiolio.

Infatti, lo spread influisce sulla determinazione del tasso d’interesse da corrispondere agli acquirenti dei titoli di Stato. Se lo spread sale, questi acquirenti cominciano ad avere timori sulla solidità dell’economia dello Stato. Possono ancora essere disposti ad acquistarne i titoli, ma pretendono interessi più alti temendo che lo Stato non sia poi in grado di restituire il prestito. Il pagamento di interessi più alti si riflette però sul bilancio dello Stato, facendo aumentare la spesa per essi e sottraendo risorse agli altri interventi cui lo Stato deve provvedere (oggi l’Italia paga interessi sul debito pubblico per 70/80 miliardi di euro; se lo spread aumentasse ancora, si arriverebbe facilmente ai 100 miliardi di euro). Tenendo presenti questi fatti, si tratta allora di vedere quali sono i motivi che determinano in questi ultimi tempi, per l’Italia, la crescita dello spread.

La pandemia causata da Covid-19 ha stravolto molte regole della gestione economica degli Stati. Gli Stati hanno dovuto intervenire per far fronte alle gravi situazioni sanitarie causate da essa e, parallelamente, per arginare il crollo del sistema economico e aiutarne la ripresa. Questi interventi hanno comportato un enorme aumento della spesa pubblica coperta, principalmente, con l’indebitamento. Così ha fatto l’Italia. Per gli Stati che fanno parte dell’Unione europea è però intervenuta la Banca Centrale Europea (BCE) che ha acquistato lei grandi quantità di questi titoli di debito, così riuscendo a contenere i tassi d’interesse da pagare. Ugualmente hanno fatto tutte le banche centrali dei vari Stati.

Fin tanto che cresceva la pandemia, tutto ciò andava bene. Lo Stato italiano spendeva a piene mani per fronteggiare le conseguenze sanitarie della pandemia ed elargire ogni genere di benefici a cittadini e imprese. Non disponendo di risorse finanziarie proprie, copriva le maggiori e ingenti spese facendo debiti.

La regressione della pandemia ha fatto però fatto scattare alcuni campanelli d’allarme. La BCE e tutte le altre banche centrali hanno cominciato a rilevare che i loro generosi interventi di denaro in aiuto delle economie degli Stati facevano salire l’inflazione. Hanno quindi cominciato a parlare di minori acquisti dei titoli di debito degli Stati. Senza l’intervento di questi protettori, gli Stati che hanno economie precarie dovranno offrire interessi più alti per vendere i loro titoli sui mercati finanziari.

Ed è per questo che sono sorti dubbi sulla tenuta economica dell’Italia, e lo spread è aumentato. Il debito pubblico dell’Italia è ormai vicino ai 2.750 miliardi di euro. L’ammontare degli interessi che paga per questo debito l’abbiamo ricordato prima. Lo Stato avrà quindi sempre più difficoltà a fare debiti, salvo pagare interessi più alti e cadendo nel fenomeno negativo prima ricordato: minori risorse da destinare a interventi utili per la collettività. Inoltre, non va dimenticato che l’aumento degli interessi si riflette, immediatamente, sul costo dei prestiti bancari, sui mutui, ecc., con ulteriori aggravi per i cittadini.

L’autorevolezza nazionale e internazionale del Presidente del Consiglio Mario Draghi fa apparire più sfumate le precarietà. Però le sue assicurazioni che l’economia dell’Italia va bene possono illudere i cittadini italiani, non quelli stranieri abituati a fare i conti sui fatti e non sulle belle parole. D’altro canto, la stessa manovra economica per il 2022 di 30 miliardi di euro ― tanto enfatizzata dal Governo come manovra di crescita (crescita ancora tutta da verificare mentre evidenzia, soprattutto, la ricerca di equilibri politici) ― è quasi totalmente fatta a debito. La si è definita “manovra espansiva” ma, per ora, l’unica espansione certa è un ulteriore aumento del debito pubblico. Nessun Governo (e neppure quello di Draghi) parla di coprire le maggiori spese ― sebbene indispensabili ― mediante riduzione degli sprechi della spesa pubblica (non manca giorno in cui i mezzi d’informazione non diano notizie di questi) e facendo pagare a tutti le tasse, evase per oltre 100 miliardi all’anno.

Se il Governo facesse fatti come gli ultimi citati, magari lo spread starebbe tranquillo. Siccome li annuncia soltanto a parole, lo spread rialza la testa.

*Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici