In Cina é accaduto un fatto importantissimo, che potrebbe modificare gli equilibri mondiali.
Nessun giornale ne ha parlato, perché sono tutti talmente concentrati sul default Evergrande, da non prestare attenzione a tutto il resto, anche se il resto é in qualche modo collegato al crollo del gigante cinese dell'immobiliare di lusso.
Il terremoto nel settore immobiliare sta coinvolgendo tutta l'economia cinese, gravata (dato di marzo 2021) di un debito aggregato di famiglie, aziende, e settore pubblico, superiore ai 46 mila miliardi di dollari (il 287% del PIL).
A patire maggiormente é il sistema bancario, che era stato il motore della prodigiosa crescita del paese nell'ultimo decennio.
Anche se la crescita nel 2021 sarà comunque ragguardevole, i segnali che arrivano dalla Cina sono davvero allarmanti.
La produzione industriale, che é da sempre il fiore all'occhiello del paese, per la prima volta dal 2008 (crisi subprime) é improvvisamente crollata e le prospettive nel medio termine non sono rosee, ma sopratutto, alcune tra più importanti multinazionali occidentali hanno lasciato, o si stanno preparando a lasciare la Cina, che ora vede, in prospettiva, materializzarsi lo spettro della disoccupazione
Davanti a questo tracollo imprevisto Xi, individuando nell'eccessivo liberismo semicapitalistico la causa del malessere che ha colpito l'economia cinese, pare abbia deciso di tornare gradualmente alla vecchia politica maoista imperniata sullo statalismo esasperato e sul controllo maniacale della popolazione.
La svolta era già in atto da un paio di anni, ma negli ultimi mesi c'é stata una forte accelerazione.
La guerra interna con Jack Ma, il più grande imprenditore della Cina, ha riempito i giornali economici di mezzo mondo, ma quello che non si é detto é che dal 2020 oltre 300 imprenditori miliardari cinesi, sono scomparsi nel nulla, e tutti gli altri, compreso Suning, si sono piegati ai diktat del presidente che ha quindi riconquistato il pieno controllo di ogni attività economica.
Anche la stretta su Hong Kong ha avuto ragioni più finanziarie che politiche. Nella formalmente autonoma Hong Kong infatti, tutti i piccoli e medi imprenditori cinesi avevano un conto in banca nel quale facevano confluire parte dei pagamenti in dollari ricevuti per le esportazioni in occidente, in modo da sottrarli al fisco di Pechino. Era una massa di denaro enorme su cui Xi voleva mettere le mani.
Da questo mese di ottobre poi, la "purificazione comunista" avrebbe dovuto diventare ancora più radicale tassando pesantemente la proprietà privata, e sopratutto gli immobili (quello che vuole Landini in Italia).
Per la prima volta dalla rivoluzione maoista, però, tutte le singole prefetture (l'equivalente delle nostre amministrazioni locali) si sono opposte alla direttiva del presidente nonché segretario del partito, perché in un mercato immobiliare già in crisi, la tassa avrebbe svalutato pesantemente il valore degli immobili, con ripercussioni drammatiche sui mutui, creando un boomerang di portata devastante.
Noi italiani questa situazione la conosciamo bene per averla subita con Monti e allora, purtroppo, i nostri amministratori locali furono complici, creando le premesse per il disastro economico che perdura tuttora.
La notizia quindi, é che Xi é stato costretto a fare marcia indietro e questa é la prima vera battuta d'arresto della sua carriera politica.
Se poi questo sia anche l'inizio del tramonto della sua buona stella, lo vedremo nei prossimi mesi.
Certo é che il monito americano dell'altro giorno in difesa di Corea, Taiwan, e Giappone, giunge curiosamente concomitante con questo, apparentemente, piccolo smacco interno, e fa pensare che il potere del leader cinese stia finalmente iniziando ad indebolirsi.