Economia allo specchio - 30 novembre 2020, 16:56

Ristori europei: una generosità per l’Italia da guardare con sospetto? Di Carlo Manacorda*

Le somme assegnate all’Italia dal Programma Sure e dal “Recovery fund” sono le più alte rispetto ai restanti Paesi. Questa straripante generosità dell’Europa per l’Italia, sempre da lei bacchettata per l’incapacità a gestire la propria economia pubblica, non può non sorprendere. Viene allora in mente un altro fenomeno che vede l’Italia in prima fila: l’immigrazione. A pensar male si fa peccato ma...

Ristori europei: una generosità per l’Italia da guardare con sospetto? Di Carlo Manacorda*

La parola “ristoro” ― intesa come indennizzo per una perdita subita ― ultimamente è venuta di gran moda. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte la usa in continuazione da settimane annunciando i provvedimenti approvati per compensare le perdite subite o che stanno subendo molti settori produttivi a causa del secondo “lockdown”. Finora, sono stati messi nel piatto circa 10 miliardi ma, alla fine, saranno certamente di più. Le categorie interessate ai “ristori” si augurano, ovviamente, che alle parole seguano i quattrini sonanti. Non che tutto resti nel campo delle promesse, com’è avvenuto per altri “ristori” annunciati da Conte durante il primo “lockdown”.

Anche l’Europa ha pensato ai ristori”. L’esplosione della pandemia di Covid-19 ha messo in ginocchio le economie dei Paesi compresi quelli dell’Unione europea (Ue). L’Ue ha quindi varato ― per coprire le perdite subite dai Paesi che ne fanno parte e a sostegno delle loro economie ― un gigantesco programma di interventi di circa 3.600 miliardi di euro. Di essi, 1.075 miliardi costituiscono il bilancio europeo 2021-2027 e 750 miliardi rappresentano l’ormai noto “Recovery fund”, oggi definito “Next Generation EU”. Poi s’aggiungono: il Fondo salva Stati (Mes) con 240 miliardi per interventi nel campo sanitario; il Programma Sure di 100 miliardi per combattere la disoccupazione; l’aumento del Fondo di solidarietà di 800 milioni per imprese in difficoltà, emergenze pubbliche, ripristino di infrastrutture, sistemazioni temporanee di persone. A questi “ristori” di fonte per così dire normativa, se ne aggiungono altri rappresentati dai 750 miliardi di euro stanziati dalla Banca Centrale Europea per l’acquisto di titoli emessi dagli Stati dell’Ue e dalle aziende private che hanno sede nell’Unione, 750 miliardi ora aumentati di altri 600 per acquisti fino a giugno 2021.

La possibilità per gli Stati dell’Ue di ottenere i “ristori” a copertura dei debiti che avrebbero contratto per sostenere le loro economie è venuta dalla sospensione, nel mese di marzo 2020, del Patto di stabilità e crescita, un accordo che consentiva agli Stati dell’Ue di fare debiti soltanto entro determinati limiti. La sospensione del Patto ha quindi permesso ai Paesi di fare tutti i debiti necessari per superare il grave momento della pandemia. Superfluo dire che l’Italia ― costantemente con le casse dello Stato vuote ― si è tuffata a pesce nel mare dell’indebitamento ormai consentito. Il Governo Conte, sfornando decreti a raffica (Cura Italia, Liquidità, Rilancio, Ristori, fino alla Legge di bilancio), ha già fatto salire il debito pubblico italiano a 2.600 miliardi. Ma ormai si ipotizzano ulteriori crescite non escludendo di raggiungere i 3.000 miliardi. Il conto finale sarà possibile farlo soltanto a fine pandemia.

Non avendo risorse proprie, l’Italia fa i debiti contando suiristoriattesi dall’Europa. Degli di 81,4 miliardi del Programma Sure deliberati dalla Commissione europea per 15 Paesi dell’area euro, all’Italia sono stati dati 27,4 miliardi. Del “Recovery fund” di 750 miliardi, all’Italia sono stati assegnati 209 miliardi (28%). Il Fondo salva Stati (Mes) prevede per l’Italia 37 miliardi, anche se l’Italia ― per incomprensibili posizioni ideologiche di alcuni partiti politici ― non sembra disposta a chiederli. Italia che chiede, invece, sistematicamente aiuto alla Banca Centrale Europea che, entro la fine dell’anno, comprerà titoli italiani per 190 miliardi di euro. Va sottolineato che le somme assegnate all’Italia dal Programma Sure e dal Recovery fund sono le più alte rispetto ai restanti Paesi. Questa straripante generosità dell’Europa per l’Italia ― sempre da lei bacchettata per l’incapacità a gestire la propria economia pubblica in maniera corretta ed ora gratificata più di ogni altro Paese ― tuttavia non può non sorprendere. Viene allora in mente un altro fenomeno che vede l’Italia in prima fila: l’immigrazione.

Il 23 settembre 2019 si è tenuto a Malta un vertice tra Italia, Francia, Finlandia, Germania e Malta stessa per il ricollocamento automatico e la distribuzione dei migranti tra i Paesi dell’Ue. Si definirono le linee per il ricollocamento e le percentuali delle ripartizioni. L’Italia chiedeva, tra l’altro, che il periodo di permanenza in Italia non superasse le 4 settimane e che i rimpatri fossero a carico dell’Ue. All’epoca, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte parlò di “successo” del vertice e la Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese dichiarò solennemente: “l’Italia non è più sola”.

Bruxelles però ha respinto l’accordo. Quindi, la gestione dei migranti è sempre regolata dal Trattato di Dublino (1990; ultima modifica 2013). Il suo “principio cardine” ― tuttora in vigore ― prevede che lo Stato di primo approdo del migrante è quello che si deve occupare dell’accoglienza. Covid ha spazzato via ogni memoria dell’accordo di Malta. Più nessuno ne ha parlato.

Il “Cruscotto statistico” del Ministero dell’Interno sui migranti sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 27 novembre 2020 dice che sono stati 32.542. Al di là di qualche chiacchiera, il sito del Ministero non pubblica dati su rimpatri avvenuti e, tanto meno, su chi li ha pagati. Si può comunque fondatamente pensare che la maggior parte delle persone sbarcate in Italia si trovi tuttora sul territorio italiano. Né risulta che il Governo Conte abbia avviato colloqui con l’Europa per una loro ricollocazione in altri Paesi dell’Ue.

Ed è a questo punto che viene il sospetto: non è che per caso la stupefacente generosità di “ristori” dell’Europa assegnati all’Italia sia decisa per zittirla sulla questione migranti? Diceva Andreotti che “A pensar male si fa peccato, ma qualche volta s’indovina”.

*Carlo Manacorda, Economista ed esperto di bilanci pubblici

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