Editoriali | 16 novembre 2020, 16:52

Investimento in opere d'arte: cosa succede se ci si fa appioppare un “falso”. Di Paolo Turati*

Si stima che oltre la metà delle opere d’arte appese alle pareti delle case (e anche quelle dei Musei e degli operatori non ne sono immuni) siano false: la fantasia dei falsari è smisurata. Chi acquista un'opera d'arte non autentica ha diritto alla risoluzione del contratto ma attenzione, c'è anche il rischio di cadere nel reato di incauto acquisto

Investimento in opere d'arte: cosa succede se ci si fa appioppare un “falso”. Di Paolo Turati*

Confermando che la non autenticità di un’opera d’arte venduta come autentica dà diritto alla risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio, la Corte di Cassazione, con Sentenza 25.01.2018, n. 1889, ha parimenti riconosciuto il diritto alla restituzione del prezzo ed al risarcimento del danno, quantificabile, salvo necessità di ricorrere a criteri equitativi di valutazione in caso di impossibilità nel calcolarla (ad esempio qualora non ci siano passaggi recenti sul Mercato delle aste di opere simili), come la plusvalenza teorica ottenibile dall’opera sul mercato a partire dall’acquisto fino al momento della liquidazione del danno. La prescrizione viene stabilita dalla Suprema Corte come oltre i 10 anni dal contratto di acquisto e non da quando ci si è accorti della falsità dell’opera, cioè da quando oggettivamente è percepibile il fatto lesivo.

Al di là che si sono verificate in Giurisprudenza anche Suprema pronunce di altro tenore in fattispecie peraltro simili ancorché magari non coincidenti, questa sentenza appare equilibrata. Da un lato, e salvo che il fatto non costituisca reato (il chè aprirebbe il risvolto penale), punisce il venditore di un’opera d’arte falsa per un periodo ragionevole quale quello della prescrizione civile quanto a danno emergente e a lucro cessante e dall’altro premia l’acquirente (che se “incauto” o peggio incorrerebbe però a sua volta nel codice Penale) che ha dimostrato un minimo di diligenza, avendo avuto dieci anni di tempo per verificare a puntino i dettagli di un’opera d’arte acquistata, magari sull’onda dell’emotività, “al volo”.

Tutto questo se il venditore dell’opera d’arte falsa resta reperibile e capiente, cosa che spessissimo, ahimè, non è.

Abbiamo voluto affrontare brevemente l’argomento in quanto “il” problema dell’Investimento in arte è quello dei falsi, seguito da quelli dell’illiquidità, dall’inefficienza nella fissazione dei prezzi di equilibrio, nonchè dell’opacità nelle transazioni (che per la natura non fungibile dei beni artistici, il cui possesso vale - tra l’altro - titolo, non possono essere effettuate su piattaforme regolamentate), in un contesto di grande concentrazione (l’1% degli artisti transati con le loro opere sul mercato quotate almeno 1 milione di dollari fatturano il 55% dell’intero Art Market globale).

Si stima che oltre la metà delle opere d’arte appese alle pareti delle case (e anche quelle dei Musei e degli operatori non ne sono immuni) siano false. Contraffazione (un quadro prodotto ex novo spacciato come di questo o quell’autore), alterazione (ad esempio tagliando la tela di un quadro vero acquisito in via illegale in tanti frammenti poi incorniciati singolarmente: questo accade prevalentemente per gli Antichi Maestri), replica (un quadro copiato pari pari e firmato col nome dell’autore) sono i principali titoli di reato, ma la fantasia dei falsari ha pochi limiti.

Quindi, massima attenzione, quando si compra un quadro anche in buona fede. Certo, chi acquista anche a cifre elevate, financo molte centinaia di migliaia di euro (come succede), una tela con tagli di Lucio Fontana che varrebbe 3 milioni( nell’immagine una mostra di oggetti di reato recentemente presentata agli operatori a Torino da parte del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri, un’eccellenza mondiale nel Campo), non solo se la va a cercare ma è certamente connivente coi falsari e rischia non solo il reato di incauto acquisto, ma anche quello di Ricettazione, Riciclaggio e Autoriciclaggio.

*Paolo Turati, doc. Economia degli Investimenti