Editoriali - 28 aprile 2020, 10:54

Fase 2: e se si usasse il buonsenso? A Torino si potrebbe cominciare dai dehors. Di Guglielmo Del Pero*

La “Fase 2” aveva alternative, ad esempio, invece che riaprire per “categorie”, aprire “in sicurezza”: perchè non permettere la riapertura delle attività in grado di garantire la sicurezza, indipendentemente da ciò che producono? Cosi' si rischia che la crisi economica diventi una frattura sociale. Anche il Comune di Torino si è distinto finora solo per le forze messe in campo contro i trasgressori al lockdown (con eccessi cui hanno poi fatto seguito pubbliche scuse). Servono decisioni specifiche e politicamente forti. Una proposta? Permettiamo la sopravvivenza a tante attività imprenditoriali e commerciali sospendendo nei prossimi mesi ogni regolamento comunale sui dehors

Fase 2: e se si usasse il buonsenso? A Torino si potrebbe cominciare dai dehors. Di Guglielmo Del Pero*

Con la cosiddetta fase 2 tornano prepotentemente in luce tutti i problemi e i vizi del nostro Paese. Dopo mesi di lockdown, gestito in prima persona dal Presidente del Consiglio con provvedimenti restrittivi delle libertà individuali, oggi servirebbe una progettualità e una visione del futuro che la nostra classe politica non aveva prima e non ha adesso. 

Diciamolo subito, non si può criticare più di tanto la fase 1 perché oggettivamente non c’era alternativa se non quella del “distanziamento sociale” per cercare di contenere il contagio, il Governo ha quindi preso l’unica decisione possibile, certo magari avrebbe potuto salvaguardare un po’ di più la forma: qualche conferenza stampa e qualche ora in meno sui social a discapito di qualche passaggio parlamentare in più forse avrebbero fatto meno bene ai sondaggi di questi giorni ma avrebbero, certamente, rispettato un po’ di più la nostra bistrattata Costituzione. 

Si arriva così alla fase 2 e qui, come detto all’inizio, vengono fuori tutti i vizi che ci hanno portato a una situazione al limite della sopravvivenza già prima dell’emergenza Covid19: assenza di una visione strategica di medio periodo, incapacità gestionale e competenza, burocrazia, statalismo, tutti gli annosi vizi italici. Questa volta però a nostro avviso un’alternativa c’era, ovvero passare dalla riapertura per categorie a una riapertura “in sicurezza”, usando semplicemente un po’ di buonsenso: perché non permettere per esempio le riaperture a quelle aziende in grado di garantire la sicurezza dei lavoratori indipendentemente da quello che si produce? Perché non coinvolgere direttamente le parti sociali attraverso un accordo, necessario e propedeutico all’avvio delle attività, che avrebbe anche ridato una centralità importante al sindacato? In questo modo non si costringerebbero numerose attività a rimanere ferme, rischiando in molti casi di non riaprire, solo perché appartengono a una categoria merceologica sbagliata e, poi, magari si scoprirà successivamente che i lavoratori avrebbero di gran lunga rischiato di meno rispetto ad altre attività.

In questo modo l’Italia rischia una crisi economica ancora peggiore di quella che ci si aspetta dalla previsioni e soprattutto si va verso una frattura sociale significativa che vede da una parte chi si può permettere di aspettare con tranquillità avendo comunque uno stipendio garantito e chi, ogni giorno in più di chiusura, rischia il collasso economico e l’impoverimento, meccanismo molto pericoloso perché, a lungo andare, anche chi oggi appartiene alla prima categoria non è detto che non si ritrovi da un momento all’altro nella seconda a causa di una crisi dei consumi senza precedenti.

Se l’Italia sta male, la nostra Torino purtroppo non è messa meglio: l’amministrazione cittadina nelle scorse settimane ha messo in campo un ingente quantitativo di risorse umane ed economiche al fine di punire severamente chiunque trasgredisse alle regole con tanto di autocompiacimento accompagnato da numerosi eccessi (abbiamo visto multare anche semplici volontari impegnati nella consegna della spesa salvo poi fare una rapida retromarcia con tanto di scuse). Quello che viene da domandarsi è perché mai tale dispiegamento non si sia mai attuato nel passato per contrastare, per esempio, l’illegalità diffusa in alcune zone della città? Se si è in grado di individuare e punire un runner al Valentino, possibile che non si possa fare altrettanto con spacciatori e delinquenti vari? Occorrerebbe poi anche capire perché vengono sempre e comunque tollerate in città sacche di illegalità diffusa senza che nessuno intervenga: quanti verbali sono stati fatti durante le manifestazioni non autorizzate da parte degli anarchici in corso Giulio Cesare?

Significativa e un po’ surreale poi la vicenda dell’ape del Caffè Vergnano, ottima iniziativa dell’azienda che voleva portare un po’ di sollievo ai cittadini torinesi con cappuccino e brioches direttamente a domicilio, iniziativa subito bloccata dai burocrati del Comune per la mancanza di qualche timbro. Purtroppo la vicenda del Valentino ha insegnato poco o nulla: in totale assenza della politica sono i burocrati a decidere con risultati devastanti. Per uscire da questa crisi, che rischia di far pagare un prezzo altissimo anche alle future generazioni, servono decisioni politiche forti che agevolino il più possibile la ripresa in sicurezza delle attività economiche, noi facciamo la nostra proposta per Torino: intervenire per agevolare l’utilizzo di spazi all’aperto, fondamentali per la sopravvivenza di molte attività imprenditoriali e commerciali nei prossimi mesi con la sospensione di ogni regolamento comunale sui dehors, della tassa sul suolo pubblico e di ogni restrizione, meglio qualche tavolo in anarchia che la desertificazione della città!

*Guglielmo Del Pero, Siamo Torino

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