Editoriali | 29 marzo 2019, 09:23

Patrimoniale? Impossibile introdurla. C'è già. Ed è anche salata. Di Carlo Manacorda*.

Le tasse patrimoniali pagate dagli italiani dal 1990 al 2017 hanno avuto un aumento del 400%. La patrimoniale non si introduce. La si "ammoderna" un po', qui e là.

Patrimoniale? Impossibile introdurla. C'è già. Ed è anche salata. Di Carlo Manacorda*.

Puntuali come il ritorno delle rondini (quando c’erano), i Governi del bel Paese, in primavera, s’accorgono (si fa per dire) che le previsioni di bilancio dell’anno presentate qualche mese prima fanno acqua.

L’economia stagna, il debito pubblico cresce, le spese pubbliche sono incontenibili. E, dietro l’angolo, c’è sempre l’Europa con il fucile spianato pronta ad aprire una procedura d’infrazione per eccesso di spesa.

Bisogna intervenire. Come? Aumentando le tasse. Quali? Non si sa, poiché sono già tutte al massimo.

E così, sulla testa dei cittadini, comincia a ronzare la notizia che si dovrà introdurre la “patrimoniale”. Una tassa cioè che colpisce non ciò che i cittadini guadagnano, cioè il loro reddito, ma ciò che posseggono in case, terreni, depositi bancari, titoli di Stato e via cantando. Cioè, il loro patrimonio, la loro ricchezza.

Inutile a dirsi che chi governa nega sempre quest’eventualità. Perderebbe consensi. Ma, dentro di sé, sa benissimo che non ce n’è bisogno: la “patrimoniale” esiste già, da tempo e con molte facce.

Basta ammodernarla qui e là e il gioco è fatto. Ad esempio, nel 2012, il Governo Monti ha fatto crescere le tasse sul patrimonio − senza chiamarla “patrimoniale” − del 40% rispetto all’anno prima. In soldoni, 12,8 miliardi di euro.

Nella storia, la “patrimoniale” più sfacciata è stata quella decisa dal Governo di Giuliano Amato nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992. Per mettere a posto i conti dello Stato, servivano ancora 8 mila miliardi di lire. Ed allora Amato fece un prelievo forzoso e improvviso del 6 per mille su tutti i depositi bancari (ecco perché, da allora, la patrimoniale terrorizza: arriva improvvisamente, di notte, e non come la Befana che porta regali).

Dopo questo colpo di mano, le tasse su beni patrimoniali si sono moltiplicate. Hanno colpito soprattutto la casa, il bene patrimoniale che non può essere nascosto e che molti possiedono. Ma hanno colpito e colpiscono anche altri beni del patrimonio. Quelle più note sono: il bollo dell’auto, il canone radio-tv, la tassa sulle imbarcazioni e sugli aeromobili. Ma poi ci sono i bolli sui depositi bancari e le tasse sui depositi di titoli, le tasse di successione e donazione, la tassa sulla compra-vendita di titoli e altri prodotti finanziari, la tassa sul patrimonio netto delle imprese, le tasse sui beni di lusso, ecc. ecc. Complessivamente, una quindicina di tasse patrimoniali che gli italiani pagano già ogni anno.

L’Ufficio studi della CGIA – Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre ha effettuato, al termine del 2018, un’analisi particolareggiata di tutta questa materia. Risulta che gli italiani, nel 2017, hanno pagato per tasse sul patrimonio 45,7 miliardi di euro. Circa la metà (21,8 miliardi) hanno colpito la casa (ICI, IMU, TASI). Le tasse patrimoniali pagate dagli italiani dal 1990 al 2017 hanno avuto un aumento del 400 per cento. La si metta come si vuole, ma è una vera e propria stangata.

Stando così le cose, è del tutto evidente che non si sa bene che cosa una nuova “patrimoniale” potrebbe colpire.

L’uovo di colombo per non parlare di “patrimoniale”, anzi per ridurre le tasse sui beni del patrimonio (riduzione certamente efficace per favorire la crescita), è quello di fare quella famosa “revisione della spesa pubblica” (spending review), che tutti propagandano, ma sulla quale si sono bruciati cinque Commissari senza aver ottenuto nulla. Qualcuno li ha definiti “foglie di fico” per imbonire l’opinione pubblica e per non confessare che, nella spesa pubblica, nessuno ha intenzione di usare le forbici.

D’altro canto, l’idea di tagliare i costi della pubblica amministrazione nessuno la propose neppure in quella drammatica notte del 1992 quanto si spolparono del 6 per mille i conti correnti degli italiani.

*Carlo Manacorda, docente di Economia Pubblica ed esperto di bilanci dello Stato

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