Editoriali | 13 marzo 2019, 10:28

Questa Europa, un modello economico stanco. Di Riccardo Ruggeri*

Lo dimiostra non il sovranismo ma l'emergere di un populismo di siniostra francese, inglese e ora, con il successo di zingaretti, anche italiano che prende atto, in ritardo, dell' impoverimento delle classi medie.

Questa Europa, un modello economico stanco. Di Riccardo Ruggeri*

Solita cena, nel solito grotto ticinese, con il solito amico XY, questa volta più in versione economista che banchiere. La sua teoria è chiara: per la leadership tedesco-anseatica che guida l’Europa, i nodi stiano arrivando al pettine, il loro (nostro) modello economico sta perdendo di competitività nei riguardi di Cina e di Stati Uniti, e al contempo cresce sempre più il malessere sociale. Se vogliamo essere politicamente corretti diciamo che quantomeno il modello è stanco. Lo stesso disagio colto in anticipo dai populisti, che ultimamente li sta ingrassando in termini elettorali.

Mi sono permesso di lanciare all’amico XY un’idea che mi frulla da qualche tempo in testa. Noi analisti abbiamo finora identificato i populisti con i sovranisti, in realtà sta emergendo un populismo di sinistra, francese, inglese e ora anche italiano (colto per esempio osservando il successo al di sopra delle previsioni di Nicola Zingaretti) che prende atto, seppur con colpevole ritardo, del drastico calo del potere d’acquisto nell’ultimo decennio delle classi povere e medie. Il fatto che sia andato ad aumentare la ricchezza dei ceti medi-bassi dei cinesi lo considerano non un’opportunità per la crescita del mercato globale, ma una presa in giro, chiosa XY. Il momento in cui l’Europa deve cambiare in modo radicale un modello stanco, si sta facendo sempre più impellente, ma l’osceno meccanismo istituzionale con il quale la classe dominante europea non solo si è chiusa, ma pure  blindata in casa, rende ogni cambiamento difficilissimo, se non impossibile con le vecchie regole. Dice XY: ci vuole uno shock. Lo saranno le elezioni europee, il contrasto Usa-Cina, una crisi della Germania?

I segnali della crisi del modello si moltiplicano al punto che la stessa Bce ha dichiarato che il rallentamento, sempre spacciato come temporaneo, ora ammette essere di più lunga durata. Insomma, terminato l’effetto delle droghe di Mario Draghi, il modello si rivela per quello che è: insostenibile in termini sociali, quindi politici. I gilet gialli e di altri colori si spegneranno pure in corso d’opera, forse si estingueranno nelle loro versioni estreme estinguendosi presto, ma il rancore sociale che ci avvolge si consolida sempre più. Il caso della bocciatura della “fusione ferroviaria” franco tedesca Alstom-Siemens da parte della Commissione, è stato vissuto come uno schiaffo alla Germania dal ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier (ricordiamolo, di fede Cdu) che vuole promuovere dei campioni europei entrando anche nella loro compagine azionaria. Tema tabù per i puristi del libero mercato.

Tutto carburante per i cosiddetti populisti di destra e di sinistra? I due tronconi saranno destinati a incontrarsi per aumentare il potere d’acquisto dei loro adepti? Vedremo. Il bello di quest’epoca è l’impossibilità dei leader di tornare al potere quando l’hanno già esercitato. Noi analisti dovremo essere capaci cogliere i segnali deboli che i cittadini ci mandano, e decrittarli in modo più disinvolto di quello che i vecchi standard ci imporrebbero.

(Autorizzato dal blog riccardoruggeri.eu)

*Riccardo Ruggeri, operaio Fiat per 40 anni poi Ceo di New Hollande, manager, imprenditore, giornalista, editore, scrittore.

Riccardo Ruggeri

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